Castello di Serravalle (Bologna), 18 gennaio 2023 - Un amore platonico, unico, irripetibile. Perché Maria Rosa e Mauro, rimarcano i giudici della Corte d’assise, "vivevano in simbiosi". Fino all’ultimo. Fino a quando lui, che di cognome fa Bergonzoni, 77 anni, ha ceduto ai disperati appelli della moglie, Maria Rosa Elmi, 73, di farla finita. Un colpo secco al cuore di lei, letale. Poi due rivolti contro se stesso. Ma lui, ex cacciatore, è rimasto vivo per miracolo grazie all’intervento di un carabiniere. L’altro giorno il deposito delle 38 pagine di motivazioni della Corte che a ottobre aveva condannato a 8 anni, con le attenuanti generiche, Bergonzoni, imputato di omicidio volontario pluriaggravato (rischiava l’ergastolo). Ma il finale era stato un altro, chiesto dal pm Marco Forte e dalla difesa del pensionato: il reato venne derubricato a omicidio del consenziente, uno dei primi casi italiani. Perché Maria Rosa da tempo implorava il suo Mauro di ucciderla.
"Certa – scrivono i giudici – la volontà di entrambi e la configurabilità dell’esito finale", i quali poi tirano in ballo pronunce della Cassazione. Così come certa era la piena "capacità di intendere e volere" del 77enne, nel porre fine alle sofferenze della moglie per poi togliersi la vita accanto a lei. In 40 anni mai nessuno li ha visti litigare, una coppia d’altri tempi che si vedeva ancora in giro per Castello di Serravalle mano nella mano. I carabinieri li hanno trovati appena fuori dalla loro auto, in una pozza di sangue, mano nella mano, ancora abbracciati. Lei accasciata sulle gambe di lui. Perché così doveva finire, così doveva essere anche nel loro ultimo viaggio verso l’aldilà guidato da quell’amore indissolubile che andava avanti dal decenni.
La svolta , drammatica, avvenne nel 2019 quando la donna cercò il suicidio ingerendo candeggina: malata da tempo, faticava a camminare, la sua vita non era più quella di prima. Fu lui a salvarla. Ma quel momento, si legge nella decisione del tribunale, fu una sorta di spartiacque che sconvolse la vita della coppia. Lei iniziò cure psichiatriche, lui sempre presente al suo fianco come un’ombra, tanto da rinunciare alla sua di vita. "Maria Rosa in più occasioni espresse la volontà di farla finita, ma il marito cercò sempre di farla desistere". Ogni volta che quella atroce richiesta veniva fuori, Mauro cambiava discorso, prendeva tempo, tergiversava. "Mamma voleva morire – confermò in aula Tania, la figlia che vive a Vignola – e papà ne soffriva. Ogni volta che ero con loro, papà si nascondeva in qualche stanza e piangeva".
Fino al 21 agosto 2021 quando Bergonzoni caricò sulla Panda un fucile e la moglie, in pantofole e vestaglia. "Era molto agitato – ricorda quei momenti la sentenza –, tanto da ammaccare l’auto nella manovra di uscita di casa e dimenticare di azionare il freno a mano nei terribili momenti della tragedia".
In una boscaglia di Castello di Serravalle, lontano da tutto e tutti. "Dovevano farlo già il venerdì – ricorda l’avvocato Ettoreantonio Di Lustro che difende l’uomo insieme alla collega Eva Biscotti –, lui riuscì a posticipare al giorno successivo".
Secondo i giudici il mezzo per l’azione omicidiaria fu particolarmente cruento, cosa che avrebbe generato sofferenza alla donna. Un contesto rigettato però dalla difesa che annuncia già il ricorso in appello: "Il mezzo usato, un fucile, per un ex cacciatore come Bergonzoni era sicuro e ’facile’ per uccidere la moglie senza crearle sofferenze. Lo fece con estrema precisione". Nelle pagine viene ricordato anche il biglietto che la coppia lasciò alla figlia e una catenina tanto cara a Maria Rosa. "Abbiamo deciso di farla finita insieme, scusaci...". Lì dentro, in quelle poche parole, la loro volontà, chiudono i giudici, da fare sapere alla figlia.
Il pensionato , dopo essere ricoverato per mesi in una clinica, ora è tornato a casa dalla figlia che lo ha perdonato. "Lo so per certo che nessuno dei due poteva concepire una vita senza la presenza dell’altro. Ecco perché ho perdonato papà".