REDAZIONE BOLOGNA

Bologna, uccise la moglie per amore. "Pena più lieve, lei voleva morire"

Rischiava l’ergastolo, reato derubricato in omicidio del consenziente: 8 anni. L’uomo cercò subito il suicidio

Maria Rosa Elmi e Mauro Bergonzoni da giovani

Bologna, 13 ottobre 2022 - Fino alla fine, insieme per sempre. I carabinieri li trovarono in auto, in una pozza di sangue, mano nella mano, ancora abbracciati. Lei accasciata sulle gambe di lui. Perché così doveva finire, doveva essere anche nel loro ultimo viaggio verso l’aldilà guidato da quell’amore indissolubile che andava avanti da decenni. Maria Rosa Elmi, 73 anni, la trovarono morta. Il marito Mauro Bergonzoni, 77, ancora appeso alla vita da un esile filo. Una storia d’amore assoluto, d’altri tempi, scolpita nella pietra, finita per commuovere un intero tribunale. Quello di Bologna dove ieri si è concluso un processo delicatissimo, diverso da tutti gli altri finiti sulle cronache, che vedeva imputato Bergonzoni, accusato di omicidio volontario aggravato. Pena massima: ergastolo. Il finale però è stato altro, voluto sia dalla pubblica accusa che dalla difesa del pensionato, che da quel maledetto giorno si trova in una struttura ospedaliera, protetto e accudito dalla figlia.

L’Assise alla fine lo ha sì condannato a 8 anni con la concessione delle generiche, ma ha accolto in toto la richiesta – una delle prime in materia – del pm Marco Forte di derubricare il macigno da volontario a omicidio del consenziente. Già, perché Maria Rosa da tempo implorava il suo Mauro di ucciderla. Da anni non era la stessa, colpita da una grave forma depressiva che nel 2019 l’aveva portata a tentare il suicidio. Ogni volta che quella atroce richiesta veniva fuori, Mauro cambiava discorso, prendeva tempo, tergiversava. "Mamma voleva morire – confermò in aula Tania, la figlia che vive a Vignola – e papà ne soffriva. Ogni volta che ero con loro, papà si nascondeva in qualche stanza e piangeva".

Lui cacciatore, lei casalinga. Era bastato uno sguardo, la prima volta, a far scoppiare l’amore. Un sentimento d’altri tempi, vero, unico, sincero, che a raccontarlo oggi nessuno più ci crede e quasi non sa come sia possibile. A Castello di Serravalle, dove la coppia bolognese viveva, c’è chi li ricorda ancora camminare mano nella mano. Felici. "Maria – le diceva sempre –, come potrei fare senza di te?". Così ecco la decisione: togliersi la vita, ma farlo uno accanto all’altra.

Ventuno agosto 2021, la decisione è presa ed è la più dolorosa. La giornata inizia come sempre perché come sempre anche quella doveva essere. La colazione, qualche faccenda, un giretto con l’auto. Dove però questa volta a fare compagnia alla coppia c’è anche uno dei quattro fucili che Mauro deteneva da anni regolarmente. La destinazione è un boschetto isolato di Castello. I due si abbracciano, un ultimo bacio, una lacrima scende lenta: "Ti amo", sussurra lui. Il fucile grida: un colpo dritto al cuore di Maria. Letale. Un altro alla pancia di lui. Non muore. Un minuto dopo eccone un secondo. Un pescatore sente il trambusto, vede del sangue, chiama i soccorsi. Sarà un carabiniere ad arrivare per primo: "Mauro, che hai fatto?". "Ti prego – sussurra in fin di vita il pensionato – sparami, lasciami andare con mia moglie".

E’ gravissimo , in fin di vita, ma si salverà. Davanti al gip confessa: volevamo morire. La prova arriva da un biglietto lasciato per la figlia. Poche righe chiarissime: abbiamo deciso insieme di farla finita. "Quella parola insieme – dirà durante la requisitoria tra la commozione il pubblico ministero – rappresentava tutta la loro volontà da fare sapere alla figlia". Che mai si è costituita parte civile (ieri in aula tra le lacrime) e che fin dal primo giorno, spiega l’avvocato Eva Biscotti codifensore con il collega Ettoreantonio Di Lustro, "ha perdonato. E ha compreso il gesto immenso del padre".