
di Claudio Cumani
Un milione e duecentomila lire. Era una cifra di tutto rispetto quella con cui Rizzoli mise in vendita nel 1972 la straordinaria pubblicazione d’arte in tre volumi (uno per Cantica) di Wolfango Peretti Poggi dedicata alla Divina Commedia: cento tavole per illustrare il poema per eccellenza della letteratura italiana. "Papà aveva il tarlo di Dante", racconta la figlia che non a caso si chiama Alighiera. Per realizzare quell’opera impiegò cinque anni (dal ‘63 al ‘68) adottando una pluralità di linguaggi.
"Amava – svela ancora – ritrarre le persone in posa. Beatrice la disegnò osservando mia madre". Wolfango è scomparso nel 2017, ma in occasione delle celebrazioni legate al settimo centenario della morte del Poeta, parte di quelle tavole originali, tantissimi studi e disegni preparatori sono confluiti nella mostra ospitata all’Oratorio Santa Maria della Vita da domani al 13 febbraio.
Si intitola Il Dante di Wolfango, è curata da Laura Pasquini e appunto Alighiera Peretti Poggi ed è accompagnata dalla pubblicazione di due volumi d’arte dell’editore Minerva. Uno si intitola come la mostra (con commenti di Emilio Pasquini), l’altro è Le similitudini di Dante per figura e contiene saggi di Eugenio Riccomini e Sebastiana Nobili. In tutto sono 250 le opere esposte in un luogo che l’artista amava particolarmente ("Qui si era sposato", ricorda il presidente di Genius Bononiae Filippo Sassoli de Bianchi): non solo opere originali e studi preparatori, ma anche (sotto teca) colorate carte dei tarocchi, eleganti fumetti e, appunto, ‘simulazioni dantesche’, realizzate dal pittore agli inizi del Duemila su carta pregiata con inchiostro di mallo di noce. "C’è tutto il Wolfango illustratore", chiosa la figlia.
La mostra è nata in modo intrigante: fu nel settembre 2020 che il compianto illustre dantista Emilio Pasquini visionò nella casa-studio dell’artista un notevole numero di opere inedite e pensò di organizzare un’esposizione, perché "Wolfango non poteva proprio mancare in un anno dedicato a Dante". E fu lui a farsi promotore dell’iniziativa che ora ha visto la luce.
"Mio padre – ricorda Laura Pasquini, figlia dello studioso e co-curatrice – rimase affascinato dalle tante grandi cartelle contenenti quei disegni affastellati. È un emozionante patrimonio di qualità esposto in una città dantesca per eccellenza come Bologna".