Bologna, 10 agosto 2024 – “Non si può morire così. Mio marito era giovane, sano e un nuotatore esperto. Vogliamo chiarezza e vogliamo sapere se si sarebbe potuto salvare". Queste sono state le prime parole della moglie di Osagie Nosa Kenneth, il nigeriano 38enne, residente a Bologna, che è morto alla piscina Junior di Rastignano, il 17 luglio scorso. La famiglia di Osagie si è rivolta ad un avvocato, Pierluigi Leo, per sporgere denuncia a seguito di quanto avvenuto e fare chiarezza su cause e responsabilità. Si è trattato di un decesso per malore? O al malore è seguito un decesso per annegamento perché Osagie è rimasto troppo sul fondo della piscina? La Procura, nella persona del sostituto procuratore Augusto Borghini, ha aperto un fascicolo per il reato, al momento, di omicidio colposo: otto gli indagati. Tra questi, anche l’amministratore delegato dello stabilimento di Pianoro, i due bagnini presenti quel maledetto mercoledì, e il personale del 118 sopraggiunto con ambulanza e, dopo, con l’elisoccorso.
Ma torniamo ai fatti e ai motivi che hanno spinto la moglie di Osagie a sporgere denuncia e a chiedere chiarezza. Così riporta la moglie: "Osagie (che era nell’impianto con lei, i figli e il fratello, ndr) stava nuotando nella vasca grande, per adulti. A un certo punto è sparito dalla nostra vista. Io ero nella vasca per piccoli con i bambini". In un primo momento, però, i familiari non si sono certo allarmati. Come racconta l’avvocato Leo: "Da quanto mi dicono la piscina è grande e dispersiva. Poteva essere andato negli spogliatoi, in bagno o persino al bar. Solo un’ora dopo la moglie ha notato che alcune persone si erano raggruppate a margine della vasca grande, nel punto più profondo, facendo capannello. Solo in quel momento, andando a vedere, la famiglia si è resa conto che sul fondo c’era Osagie, privo di sensi".
Immediata la chiamata ai soccorsi che, stando a vari testimoni e alla famiglia, ci hanno messo all’incirca 35 minuti ad arrivare: la Pubblica Assistenza di Pianoro era infatti impegnata su un altro intervento. L’ambulanza e, poi, l’elisoccorso, sono arrivati dall’ospedale Maggiore di Bologna.
Alcuni sanitari presenti tra i bagnanti hanno prestato il primo soccorso al 38enne: "Stando a quanto mi è stato rappresentato – prosegue l’avvocato della famiglia di Osagie – sono due le cose su cui si vuole fare chiarezza. In primo luogo il ruolo dei bagnini addetti al salvataggio presenti quel giorno. Il defunto marito della mia assistita deve essere rimasto in acqua, presumibilmente sul fondo della piscina, per lungo tempo prima che qualcuno se ne accorgesse. Se anche avesse avuto un malore ci si domanda: se qualcuno che doveva vigilare avesse notato da subito il 38enne immobile in piscina si sarebbe potuto salvare?". Non è solo questo aspetto, però, a essere sotto la lente del legale della famiglia: "La moglie ha chiaramente riferito che i sanitari del 118 sono dovuti arrivare dall’ospedale Maggiore e che ci hanno messo parecchio tempo". Al loro arrivo era troppo tardi ormai e Osagie è stato, poi, portato al Policlinico Sant’Orsola Malpighi dove è arrivato già deceduto. La Procura ha, dunque, disposto un’autopsia sul corpo del 38enne, che è stata eseguita nella giornata di lunedì, per chiarire se la morte sia riconducibile a un malore o all’annegamento. Tutto ruota intorno a questo punto, malore fulminante o la somma di tragiche fatalità?