di Francesca Chilloni
BOLOGNA
Una holding regionale del trasporto pubblico su gomma per proteggere l’Emilia-Romagna dall’assalto alla baionetta da parte dei competitor nazionali ed esteri che si prospetta nel 2026, salvo nuove proroghe, con le gare europee per l’affidamento del servizio. Un’operazione per creare un nuovo big player industriale su base emiliano-romagnola con un fatturato da mezzo miliardo, secondo solo ad Atm (Milano) ed Atac (Roma). Un progetto di aggregazione di tutte le aziende locali (tranne Tep Parma, che fa "ducato" a sé) incubato a lungo – forse troppo dato che se ne parla da un decennio – che il 12 febbraio, in sordina, ha iniziato a camminare con l’approvazione di apposita delibera da parte della giunta Bonaccini. Una delibera che dà mandato all’assessore regionale alla Mobilità e Trasporti Andrea Corsini a sottoscrivere il "Protocollo d’intesa per la costituzione del Gruppo Industriale del Tpl", di durata biennale.
Il progetto, si diceva, è accarezzato da un decennio. A fine dicembre 2022 Corsini aveva spiegato come il piano industriale avrebbe dovuto essere presentato entro marzo 2023. Ora c’è. Sull’accelerazione influisce anche l’imminenza delle elezioni: per portare in cantiere la "rivoluzione" è necessaria una volontà ed una visione politica comuni, che ora ci sarebbero. "Sordina? No, sono anni che ne parliamo in ogni occasione. E lo abbiamo già messo nero su bianco nel Patto per trasporto pubblico 2018-20 – commenta Corsini –. Il modello è, come Fer, una grande società pubblica, con importanti capacità industriali ed organizzative, con volumi economici diversi dagli attuali, e che possa preservare la sostenibilità del sistema locale. Il sottofinanziamento del Tpl, l’aumento dei costi energetici, il mancato riconoscimento dell’inflazione da parte del Governo rischiano di portare al collasso. La holding – continua – potrà infatti attuare una serie di razionalizzazioni; avrà la possibilità di accedere alle obbligazioni e al credito bancario per poter finanziare gli importanti investimenti necessari".
Con gli opportuni adattamenti, la delibera con i due allegati integranti (il Protocollo ed una sintesi del piano industriale) dovrà passare in tutti i Comuni e le Province soci di Seta (Reggio, Modena e Piacenza), Tper (Bologna e Ferrara) e Start (Rimini, Forlì, Cesena, Ravenna). Due gli step principali dell’iter amministrativo-burocratico: "La scissione mediante scorporo delle Sot (società operative territoriali) nel corso della prima fase e la conseguente fusione delle società Seta e Start in Tper nell’ambito della seconda fase". Secondo Corsini la fusione per incorporazione in una società esistente è stata indicata come la strada migliore dall’advisor svizzero Kpmg, che sta redigendo il piano industriale. "Tper è la maggiore delle tre e come Regione ne siamo soci al 46%. Ma tutti i territori saranno tutelati ed adeguatamente rappresentati attraverso statuto, il Cda, i patti parasociali e le Sot".
I sindacati sono informati dei vari passaggi e seguono da vicino l’evolversi del progetto, in attesa di entrare in campo: "Se avverrà come con Fer nel settore ferro, potremo avere per i lavoratori un unico contratto nazionale e uno unico di secondo livello", commenta Giuseppe Ranuccio, di Filt Cgil Reggio Emilia. "È un percorso da tempo delineato. Come sindacato siamo d’accordo a patto che le Sot siano provinciali, in modo da governare da vicino il servizio ai cittadini. Se l’operatività sarà decisa altrove – aggiunge –, il rischio è di perdere la presa. Lo abbiamo chiesto più volte, in modo esplicito. Comunque atterri il progetto, il fattore lavoro deve essere determinante". Le sigle che firmarono il Patto 2018-2020 ritengono strategica costituzione della holding vista nel 2026: "Avrà più possibilità di spuntarla con colossi esteri che sono anche multiutility e hanno dentro banche. Con un capitale maggiore avrebbe poi un miglior accesso ai mercati per garantire gli investimenti: Fer ha tutti treni nuovi. Si potranno ottenere economie di scala, da cui come organizzazioni sindacali chiediamo escano risorse da destinare ai lavoratori". Corsini, l’anno scorso, stimava un fatturato sul mezzo miliardo di euro all’anno. Gli svantaggi? Il sindacalista è chiaro: "Se non si costruirà un assetto societario ed organizzativo tarato sulle specifiche dei territori e delle loro esigenze in ottica di sviluppo futuro delle città, si rischia di perdere il controllo delle dinamiche e danneggiare i cittadini. Per questo sono fondamentali le Sot". Vi è poi la necessità "di un assetto che non tenga conto di pesi e contrappesi politici, ma che ridistribuisca in modo equo le risorse della Regione in km/bus".