
Il vice brigadiere Mirko Baldi, vice comandante della stazione dei carabinieri di Camugnano Fu tra i primi ad arrivare a Bargi
Bologna, 6 aprile 2025 – "Quando si individua un corpo non sai ancora di chi è. Da un lato speri che sia il tuo famigliare, per metterti l’anima in pace. Dall’altro c’è sempre il desiderio, anche in tragedie simili, di un miracolo". Il vice brigadiere Mirko Baldi nei giorni tremendi delle ricerche a Suviana è stato sempre al fianco dei famigliari delle vittime. Li ha supportati, anche nel momento più tragico: "Quando si è trattato di riconoscere i corpi ero lì con loro", racconta. Il militare, vice comandante della stazione dei carabinieri di Camugnano, è stato tra i primi ad arrivare, quel giorno di un anno fa, alla centrale di Bargi.
Comandante, cosa ricorda di quei momenti?
"Quel giorno avrei dovuto prendere il comando della stazione, perché il mio ex comandante, il maresciallo Serghei Salati, sarebbe dovuto andare in ferie. Mi hanno chiamato per riferirmi di un ‘semplice’ incendio alla centrale. Ma quando sono arrivato, c’era l’inferno".
Qual è stata la prima cosa che ha visto?
"Erano appena arrivati i soccorsi. Stavano aiutando gli operai che erano riusciti a uscire. I più fortunati, quelli che erano ai piani alti, investiti dal fumo, avevano problemi respiratori. Agli altri, quelli che al momento dell’esplosione si trovavano dentro la centrale, stavano tagliando i vestiti. Si erano attaccati alla pelle, tutt’uno con la carne bruciata. È stato impressionante".
Lei è nell’Arma da molti anni: aveva mai vissuto una tragedia simile?
"No. È stata la cosa più grave mai affrontata. Enorme, sicuramente troppo grande per una piccola stazione di montagna, abituata a tutta un’altra quotidianità. E mi ha lasciato dentro qualcosa che non si riesce a spiegare. Soprattutto, il rapporto con i famigliari. Ho vissuto come mio il loro dolore".
Avete lavorato senza sosta per giorni.
"Dalle 6 del mattino alle 2 di notte, senza interruzione, per quattro giorni, finché non abbiamo trovato l’ultima vittima. Quando il sabato mattina il corpo dell’ultimo disperso, Vincenzo Garzillo, è stato riportato in superficie dai sommozzatori, la psicologa arrivata in supporto mi ha detto di prendermi anche io una pausa, perché rischiavo di crollare. Non per la fatica fisica, ma per la prova emotiva: ho passato giorni fianco a fianco con i famigliari. Con il figlio di Garzillo ho legato moltissimo: è stato il primo dei parenti ad arrivare a Bargi. Sono stato con lui fino all’ultimo".
Non era scontato riuscire a restituire tutti i corpi ai famigliari.
"Sono stati giorni di grande impegno. Ognuno ha fatto la sua parte. La macchina dei soccorsi, coordinata in maniera capillare, è riuscita in questo compito, che era la priorità assoluta. Il mio comandante, subito rientrato in servizio, è stato impiegato nella ‘sala situazione’. Da Bologna erano arrivati vertici e colleghi dal comando provinciale. C’erano corpi speciali dei vigili del fuoco, Protezione civile... È stato fatto un grandissimo lavoro da parte di tutti. E questo è stato bello. Ma la strage di Suviana è una ferita che non potrà essere rimarginata".