Camugnano (Bologna), 13 aprile 2024 – Tre giorni e tre notti è stato al fianco dei soccorritori. È stato i loro occhi, orientandoli nell’oscurità in cui è piombata la centrale di Bargi, che conosce palmo palmo. E, quando anche il corpo di Vincenzo Garzillo, ieri mattina, è stato tirato fuori da quella tomba d’acqua, Simone De Angelis è crollato. Sfinito dalla tensione, provato da quel dolore che soltanto adesso ha potuto liberare, il quarantaduenne responsabile dell’Unità d’esercizio di Suviana per Enel Green Power si è sentito male. Un collasso, come una liberazione, dopo giorni in cui, trattenendo le proprie emozioni, ha messo la sua esperienza al servizio dei sommozzatori e degli operatori dei soccorsi arrivati a Suviana per cercare di recuperare le vittime della strage. De Angelis era lì dai primi momenti e ha subito visto morti colleghi che conosceva, persone con cui lavorava tutti i giorni e poi per tre giorni è stato coi sommozzatori guidando le operazioni di soccorso.
Esplosione a Suviana: cosa è successo minuto per minuto
Appena trovato il quarto disperso ha avuto un mancamento ed è stato portato via dall’ambulanza", ha ricostruito, con la voce strozzata dalla commozione, Salvatore Bernabei, amministratore delegato di Enel Green Power. De Angelis è stato trasportato all’ospedale di Porretta, per essere visitato: le sue condizioni, adesso, non destano preoccupazione. Il giovane responsabile della centrale, al lavoro a Suviana da quattro anni e da 15 in Enel, non è stato l’unico ieri mattina ad aver avuto bisogno delle cure del 118.
Anche un altro operatore è stato trasportato in ospedale per accertamenti, dopo aver avuto un mancamento. Effetto di stress e angoscia, in un contesto complesso e doloroso oltre i limiti dell’umana sopportazione. Proprio per far fronte a simili emozioni così difficili da gestire, fin dai primi momenti l’Ausl e la stessa Enel hanno messo a disposizione dei famigliari delle vittime, di quelli dei feriti e di tutti i lavoratori della centrale un supporto psicologico.
Perché "umanità è la parola di questo momento", come ha detto Bernabei. L’umanità dimostrata dal sacrificio di oltre 200 operatori, tra vigili del fuoco, carabinieri, finanzieri, poliziotti e personale di Ausl, Protezione civile, polizia locale, Provincia e Regione. Un lavoro di squadra, corale, che aveva come obiettivo primario quello di salvare vite; e poi, quando questo non è stato più possibile, di attutire lo strazio dei famigliari di chi non ce l’ha fatta, restituendo loro almeno un corpo su cui piangere.
E questo obiettivo tanto triste è stato raggiunto nel minor tempo possibile, ancora una volta a dimostrazione della grande preparazione e professionalità dell’apparato dei soccorsi italiano. Un impegno non solo fisico, ma anche emotivo che, come spiegato dal capo dei sommozzatori dei vigili del fuoco, Giuseppe Petrone, viene gestito grazie "a un addestramento importante che ci permette di sopperire all’impegno emotivo con l’addestramento e la professionalità".
Nel pomeriggio di ieri, i sommozzatori hanno lasciato l’impianto di Suviana. Così hanno fatto anche i carabinieri subacquei di Genova. La macchina dei soccorsi, quando è sceso il buio sull’Appennino, aveva smobilitato. Alla centrale sono rimasti soltanto i vigili del fuoco dell’unità investigativa, al lavoro sulle cause che hanno determinato l’esplosione. Ora che l’emergenza è terminata, viene il momento di ricostruire la verità dei fatti.