Bologna, 29 novembre 2023 – Il linguaggio è asettico, da laboratorio. Ma il significato è decisamente inquietante: "Possibili meccanismi di collasso della Torre Garisenda". Tradotto: ecco il modo in cui può crollare la Garisenda, uno dei simboli di Bologna, costruita mille anni fa ma che da un paio di mesi, come ormai noto, sta tenendo in apprensione non solo la città, ma l’Italia intera. Le parole sono quelle degli esperti del comitato tecnico scientifico (sciolto di recente dal sindaco Matteo Lepore) che doveva monitorare la torre, cioè architetti, ingegneri e professori. E a corredo di quelle parole ci sono le immagini: tre disegni che simulano altrettanti scenari di possibile crollo della torre. Il primo a est, verso la basilica dei santi Bartolomeo e Gaetano, il secondo a sud, verso l’altra torre, l’Asinelli, e il terzo implodendo su se stessa.
Questa simulazione ha anche una data: 22 febbraio 2023, cioè diversi mesi prima rispetto a quando è scattato l’allarme ’ufficiale’, a ottobre, e sono state prese tutte le misure che hanno rivoluzionato la viabilità e la vita nel centro di Bologna, dalla chiusura al traffico di via San Vitale al transennamento dell’area attorno alla Garisenda, con relativa pedonalizzazione.
Nel verbale del comitato che si è svolto proprio il 22 febbraio scorso, i tecnici mettono nero su bianco che "le modellazioni indicano che in caso di crollo, questo si innesca al centro per cui è probabile che il crollo avvenga tramite implosione". Quello che fa riflettere è che, pur essendo presenti all’interno del comitato dei dirigenti comunali, nessuno abbia sentito il bisogno di informare il sindaco nel corso dei mesi. Fino a ottobre, appunto. Nonostante in diverse altre riunioni, a marzo, ad aprile, a luglio e a settembre, gli esperti parlassero sempre, pur con toni e posizioni diverse, di rischio collasso. Nel frattempo, peraltro, è iniziata e si è via via accentuata la torsione della torre verso sud-est, ma i tre possibili scenari di crollo, a febbraio come oggi, sono proprio quelli illustrati dalle simulazioni.
Oggi il Comune illustrerà il cantiere con cui la società Fagioli, quella del ponte Morandi, metterà in sicurezza l’area attraverso il cosiddetto ’catino’, alto 4-5 metri, che dovrà proteggere persone ed edifici in caso di crollo della torre. Una volta costruita la cintura, si deciderà come procedere in base al progetto di restauro e fra le ipotesi c’è anche quella di smontare la torre, o tagliarla a fette, e poi ricostruirla dopo aver rinforzato le fondamenta.
Da giorni però in città infuriano le polemiche sui tempi in cui è intervenuto il Comune rispetto agli allarmi lanciati dai tecnici. FdI ha già presentato un esposto in Procura e sostiene, dopo aver letto la relazione finale del comitato tecnico scientifico, che fin dal 2019 c’erano elementi che dovevano mettere in allerta Palazzo d’Accursio. FdI ha chiesto l’accesso agli atti, ma gli sono stati consegnati solo i verbali dal 2023. "Mancano quelli dal 2019 in poi – attacca il consigliere comunale meloniano Stefano Cavedagna –. perché non ci sono stati consegnati? Secondo noi gli allarmi sono stati sottovalutati, il sindaco deve prendersi le sue responsabilità". Dall’amministrazione, però, as sicurano che "tutti gli atti saranno consegnati, gli uffici stanno assemblando documenti che risalgono a diversi anni fa".
Quanto agli allarmi, il Comune spiega che all’interno del comitato "era in corso un dibattito fra gli esperti e non c’era una posizione univoca". Infatti il comitato era stato creato diversi anni prima, e poi ampliato, e per tanti mesi ha discusso su possibili interventi per stabilizzare la base della torre. Solo dall’estate il livello è salito via via fino ad arrivare al ’vero’ allarme che è arrivato a conoscenza del sindaco, quando il 13 ottobre ha incontrato i dirigenti comunali presenti nel comitato. A quel punto, spiegano dal municipio, Lepore ha fatto tre cose: ha nominato una task force, ha preso i contatti con la Fagioli e ha aggiornato il piano di protezione civile. Poi, dopo che il 20 ottobre la Soprintendenza ha scritto al ministero dei Beni culturali e allo stesso Comune, il sindaco ha chiesto un summit in prefettura, dando poi il via a tutte le altre misure (la chiusura al traffico e il piano di protezione civile) pur in assenza di un pericolo specifico per la collettività.