di Claudio Cumani
Cosa intendeva Pier Vittorio Tondelli con quella frase, Io li filmerò, filmerò i loro amori? "E’ un’espressione – spiega Marco Antonio Bazzocchi, ordinario di letteratura contemporanea alla nostra università – che il giovane autore usa nel suo primo libro, Altri libertini, la raccolta dei sei racconti sequestrati per oscenità e oltraggio alla morale che lo avrebbero consacrato al successo. E’ un modo per definirsi narratore di una generazione". Io li filmerò, filmerò i loro amori è appunto il titolo dell’incontro che la rassegna Dams50 dedica domani a questo scrittore scomparso nel ‘91, simbolo della letteratura post-moderna. Un altro figlio del Dams (si laureò con una tesi sul romanzo epistolare del ‘700) e di quella straordinaria officina culturale che fu la Bologna degli anni ‘80. Appuntamento domani alle 21 alla Palazzina della Viola di via Filippo Re 4 (prenotazione obbligatoria su Dams50.it) con diretta streaming sulla pagina Facebook di DamsLab e sul canale YouTube del Dar: la conversazione di Bazzocchi sarà accompagnata da alcune letture di Vasco Brondi che in più occasioni si è già avvicinato alle pagine del tormentato scrittore di Correggio. "Con Brondi ci siamo solo parlati – spiega il docente –. Mi sono limitato ad indicargli alcune pagine, da Altri libertini a Un week end postmoderno fino all’ultimo, dolorosissimo, romanzo Camere separate".
Professore, qual è la contemporaneità di uno scrittore apparentemente così legato ai riti e alle mode della società degli anni ‘80?
"Intanto è stato un grande innovatore a livello linguistico, ha usato un lessico che prima non c’era arricchendolo di riferimenti pop e musicali sull’onda di quello che aveva fatto negli anni ‘60 Alberto Arbasino. Eppoi esiste un aspetto contenutistico rilevante: sapeva indagare nelle zone marginali del disagio giovanile ma anche creare uno straordinario romanzo di amore e morte come Camere separate. Non a caso ancora molte tesi universitarie sono dedicate a lui e i sui testi sono analizzati nei corsi".
Frequentava sfilate, andava ai concerti, seguiva il teatro. Lei quando l’ha conosciuto?
"Non agli inizi. Ricordo che parlava poco, era timido e riservato: sapeva portarsi dentro la storia privata di un ragazzo di provincia diventato famoso. Lo conobbi quando pubblicò Rimini, un romanzo popolare dai troppi ingredienti con cui voleva arrivare al grande pubblico e che non mi convinse. Mi chiese anche consiglio quando il Comune di Riccione gli propose di realizzare una mostra sugli scrittori che erano transitati in quella località. Gli consigliai Panzini ma l’esposizione era ricca di testimonianze".
Per lui gli anni del Dams furono fondamentali?
"A Bologna, nel periodo in cui Tondelli era studente, si trovavano le più grande teste della cultura italiana che portarono un autentico rinnovamento intellettuale. Ad esempio, Un weekend postmoderno contiene anche la tesina che il giovane Pier Vittorio curò per Umberto Eco sull’uso del vino nella cultura antica. Da un punto di vista letterario ebbe grandi maestri quali Celati e Arbasino ma non tradì mai l’idea di riscoprire autori dimenticati come la Ingeborg Bachmann o Silvio D’Arzo".