Bologna, 24 dicembre 2024 – La maxi indagine dei carabinieri del Ros, che ha coinvolto sia il reparto Anticrimine bolognese guidato dal tenente colonnello Luca Latino, sia l’Antiterrorismo di Roma, ed è stata coordinata dalla Dda della locale Procura e dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, ha portato all’esecuzione di quattro misure cautelari in carcere (un quinto indagato è ricercato all’estero), questa mattina, nei confronti di altrettanti giovani accusati di avere costituito un’associazione terroristica mirata a rafforzare Al Qaeda e Stato islamico. Perno dell’associazione, per l’accusa, è una giovane di origini pakistane, ma cittadina italiana e residente a Bologna, che avrebbe fondato e guidato il gruppo terroristico.
Un blitz che arriva la Vigilia di Natale e in un “momento delicatissimo per il Paese e in particolare per il culto cattolico, che viene visto dagli integralisti islamici jihadisti come “contrapposto” al loro – spiega il generale Ettore Bramato, comandante provinciale dei carabinieri di Bologna –. Oggi a Roma sarà aperta la Porta Santa, dando il via al Giubileo, e lo stesso accadrà in cattedrale qui a Bologna, il prossimo 29 dicembre. Dunque, c’è una grande attenzione da parte del Ministero dell’interno e di tutte le forze di polizia sui luoghi di aggregazione religiosa, ma non solo, dopo quanto accaduto pochi giorni fa in Germania (l'attentato terroristico di venerdì scorso ai mercatini di Natale di Magdeburgo, che ha provocato 5 morti e decine di feriti, ndr)”. L’obiettivo è insomma “quello di tenere sempre l’attenzione alta”.
Sul caso specifico dell’inchiesta, interviene poi il tenente colonnello Latino, del Ros: "Si è trattato di una manovra studiata dopo l’attenta analisi di flussi particolarmente significativi sul web da parte di personale del Ros addetto alla lettura in rete di segnali che indichino movimenti o derive a sostegno della jihad o di formazioni terroristiche più o o meno globalizzate – illustra –. Così abbiamo individuato la giovane pakistana, non ancora trentenne. Non è stata un’operazione semplice, dato che tutto il gruppo si nascondeva dietro identità online e la loro attività era prevalentemente veicolata dal web. Abbiamo però potuto costruire una manovra investigativa attorno alla giovane e così raggiungere gli altri membri della rete, a loro volta attivi nella produzione di materiale di ispirazione takfirista, una concezione di religiosità islamica particolarmente stringente e ‘chiusa’, a sostegno di idee marcatamente jihadiste”. Il materiale online prodotto dal gruppo veniva poi diffuso sui social per cercare di avvicinare nuovi giovani seguaci. Il tutto sempre in via virtuale. Dalle indagini infatti non sono emersi appuntamenti di persona tra gli indagati.
Non solo. Oltre alla propaganda della jihad, diffusa su diverse piattaforme social anche per essere più vicina ai giovani e giovanissimi più “plasmabili”, il gruppo mirava a lasciare l’Europa per andare a combattere o ad addestrarsi in territori occupati da milizie jihadiste, in assenza di un vero Stato islamico di riferimento. Si parla dunque di Corno d’Africa, dove pare si trovi attualmente l’indagato latitante, Sahel e Yemen. Dalle indagini, invece, non sono emersi progetti del gruppo circa operazioni in Italia o legate al nostro Paese.
“Ci siamo ispirati al metodo del generale Dalla Chiesa, riaggiornandolo al 2024 e in chiave tecnologica – prosegue Latino –. Abbiamo studiato il fenomeno e ci siamo concentrati sulla protagonista che abbiamo individuato, definendo i contorni della sua attività e poi investendo nell’approfondire la dinamica che ci è così apparsa. E così siamo riusciti a individuare e bloccare gli altri membri della rete”.