Bologna, 1 settembre 2024 – "Aveva certamente un carattere difficile, ha passato dei guai, ma escludo che Stefano facesse uso di droga".
E’ una difesa appassionata del suo amico e collega artigiano quella di Danilo Mascagni, restauratore con bottega nell’edificio a fianco di quella di di Stefano Bolognesi, il cinquantatrenne tappezziere morto nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, nel cortile del laboratorio all’incrocio tra via della Libertà e via Roncadella, nell’immediata periferia di Savigno. "Se mi avesse chiamato quando ha capito di stare male, si sarebbe salvato. E ben vengano le indagini su come sono andate effettivamente le cose quella notte maledetta", dice senza giri di parole.
Stando al racconto di Mascagni la vittima giovedì sera sarebbe andata a cena alla pizzeria Spartura, che si trova in via della Libertà, a poca distanza dalla sua bottega artigiana. "La sua auto è ancora parcheggiata lì. I carabinieri hanno perquisito la macchina (ora posta sotto sequestro), il laboratorio e anche la sua casa, quella di Rodiano, dove abitava. Non so perché, uscito dalla pizzeria, è poi venuto, credo a piedi, a fermarsi sul divano fuori dal laboratorio".
Le ipotesi sono al vaglio degli inquirenti, il malore, una passeggiata prima di ritornare a casa, un passaggio in tappezzeria e il collasso sul divano. Fatto sta che i tre uomini che stando a quanto finora emerso avrebbero trascorso la sera con lui, visto il malore, avrebbero chiamato il 118, fornendo gli elementi utili per l’arrivo dell’ambulanza, salvo poi abbandonare Bolognesi, che era rimasto da solo all’arrivo dei sanitari.
"Dell’arrivo dell’ambulanza si è accorta mia moglie, che si preparava ad andare al lavoro, era l’una e un quarto di notte. Ha visto i lampeggianti e mi ha svegliato". I sanitari hanno fatto l’impossibile per salvare l’artigiano: hanno provato a lungo a rianimare il cinquantatreenne, senza però riuscire a far ripartire il suo cuore. "Sono sceso e ho visto l’impegno che ci hanno messo – dice ancora Mascagni –. Ci sono rimasto malissimo quando ho capito che non c’era più nulla da fare. Abbiamo lavorato per mesi fianco a fianco, ognuno per la sua parte. Grande lavoratore, professionista stimatissimo. Nella sua vita, troppo breve, ha certamente fatto come tutti qualche errore, aveva un carattere impulsivo, ma una morte così non è giusta...".