Svolta riformista al ’Mulino’. Il nuovo direttore della storica rivista di cultura e di politica, nata a Bologna nel 1951, è lo storico e politologo settantacinquenne Paolo Pombeni. Un testa a testa, visto che Pombeni è stato eletto alle urne allestite in Strada Maggiore con 32 voti a 30 (più due schede bianche), con circa altrettanti soci che non hanno votato (tra loro, anche l’ex premier Romano Prodi).
Il nuovo direttore succede a Mario Ricciardi che, dopo le polemiche di diversi soci sulla sua "deriva gauchista", ha deciso di non candidarsi al terzo mandato. L’assemblea dei soci ha scelto di cambiare rotta, puntando su Pombeni fino al 2026, affiancato da un comitato di direzione composto da Francesco Clementi, Maria De Paola, Claudio Giunta, Margherita Ramajoli. "Una svolta moderata? Non amo quella parola. Preferisco dire riformista", il primo commento di Pombeni. Che ricorda la sua "storia di socialista riformista", la cui visione è "fare sì le riforme, ma con pazienza e gradualità". Il testa a testa (di cui il comunicato ufficiale del ’Mulino’ non fa menzione) Pombeni lo legge positivamente: "Questo dimostra che si trattava di due proposte molte simili, magari con qualche differenza di toni... ma non eravamo l’angelo e il demone". Resta da capire quale sarà il rapporto con la sinistra e più in particolare con il Pd e le sue correnti dopo che Ricciardi, molto attivo sul web, aveva bisticciato via social con il governatore Stefano Bonaccini, non nascondendo posizioni più vicine a Elly Schlein. Il pensatoio bolognese, di cui fanno parte dall’ex premier Prodi a Giuliano Amato e Angelo Panebianco), ha, però, ’bocciato’ (seppur di soli due voti) la linea più a sinistra, in continuità con Ricciardi, rappresentata da Ignazi.
Pombeni, però, si rifiuta di rappresentare il ’Mulino’ e i suoi soci sotto la lente delle correnti Pd: "Una grande balla". E sulla sua presunta vicinanza a Bonaccini, si fa una risata: "Ci ho parlato solo una volta 3 anni fa e per 4 minuti. Lo stesso credo valga per Ignazi rispetto a Schlein".
Poi, ammette, in linea con quell’ala critica rispetto all’attivismo social e molto interventista della gestione precedente, di preferire "le sfumature" rispetto a una visione in "bianco e nero". La direzione Pombeni analizzerà, certamente, la politica, prendendo posizione "sui temi", ma "senza tifare per Tizio contro Caio". Ignazi, dalla sua, prende la sconfitta per un soffio con filosofia: "C’est la vie", rivendicando i risultati di Ricciardi sull’aumento degli abbonamenti e l’aumento di accessi al sito web con maggior tempo di permanenza sulla pagina. "Poi, certo, qualche errore c’è stato, ma è nella natura delle cose. Ero, però, convinto che si dovesse continuare in quella direzione, così da far raggiungere il messaggio del ’Mulino’ a più persone".
Puntava su una terza via il professore emerito di Scienza Politica, Gianfranco Pasquino (che non ha votato): "Avrei voluto come direttore il sociologo Francesco Ramella. Ma non era in gara...". Poi fa un riferimento storico: "Quello che è successo al Mulino è un po’ quello che successe al generale de Gaulle nel 1946 quando si votò per la Quarta Repubblica francese. La somma di astenuti e contrari superò i favorevoli. La Costituzione, insomma, venne approvata dalla minoranza dei favorevoli. E pure Pombeni (che ha preso 32 voti a fronte dei 30 per Ignazi e una trentina di astenuti) è stato eletto dalla minoranza dei favorevoli...".