‘Svelarsi’ non è soltanto uno spettacolo. La regista Silvia Gallerano lo definisce un laboratorio, un esperimento, un’assemblea separatista e poi, forse, "non è nemmeno definibile". Sicuramente, come da sottotitolo, è una ‘serata evento per sole donne (cis, trans, non binary)’, per tutte quelle persone che si sentono e definiscono donne. È un momento di condivisione e sorellanza. E se gli uomini non sono ammessi, non è per ghettizzarli, ma perché, per una volta, lo sguardo maschile "predatore, giudicante, sminuente, rimane fuori dalla sala – spiega Gallerano –. Svelarsi, di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia de Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini e Gallerano, è in scena al Duse stasera alle 21.
Gallerano, quando ha sentito l’esigenza di costruire uno spettacolo come ‘Svelarsi’?
"Il lavoro nasce da alcuni laboratori iniziati nel 2018. Trattavano il tema della riappropriazione del proprio corpo attraverso la nudità. A differenza di tante immagini di nudo femminile, quello di Svelarsi è un nudo ‘liberato’. È l’espressione di un’interiorità e di uno svelamento".
Che lavoro ha fatto con le altre attrici?
"Siamo una squadra ormai, quasi un collettivo artistico. Abbiamo seguito un percorso non solo di accettazione, ma di potenziamento. Il corpo svelato, visto per quello che è, viene accettato. I suoi difetti diventano caratteristiche e identità. Questo provoca una grande riappropriazione di sé: un’affermazione maggiore, una felicità".
In che modo il pubblico viene coinvolto?
"Cerchiamo di provocare dei pensieri attraverso i vari temi che tocchiamo in modo leggero ma, allo stesso tempo, audace. Ogni donna può intervenire assecondando il proprio desiderio. Lo spettacolo, poi, termina con una danza alla quale partecipa tutto il pubblico. Dopo questo momento catartico chi vuole esce dalla sala, le altre possono restare e riflettere insieme". Che reazioni provoca?
"Risate, rabbia e divertimento, per molte è una rivelazione".
In che modo?
"A 18 anni, con a alcune compagne, riflettevo su che cosa volesse dire essere donna. A 20 anni militavo in un collettivo femminista. Mi stupisce osservare che negli ultimi 15-20 anni ci sia stata quasi una pausa nel discorso femminista. Si è ripreso grazie dall’ondata di Non una di meno. È come se molte donne di questa generazione non abbiano avuto l’occasione e la fortuna di incontrare certi ragionamenti".
Amalia Apicella