MASSIMO SELLERI
Cronaca

Suicidio assistito, Zuppi ribadisce il no: "Ingannevole decidere sul fine vita per legge"

Il presidente della Cei parla ai malati: la sofferenza si affronta spegnendo il dolore. Il cardinale non cita esplicitamente la delibera regionale dell’Emilia-Romagna. "La vita va protetta con cure adeguate, garantire anche le terapie palliative"

Bologna, 12 febbraio 2024 – Un secco ‘no’ a qualsiasi legge o delibera che consenta il suicidio assistito. Il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Zuppi, ribadisce la posizione della Chiesa. Lo fa nei giorni in cui la Regione Emilia-Romagna ha licenziato una delibera per consentire al malato il diritto di congedarsi dalla vita in 42 giorni. Una mossa che sta generando un dibattito di livello nazionale, con le opposizioni in Viale Aldo Moro che domani compatte presenteranno una risoluzione per un parere dell’Avvocatura di Stato mentre Forza Italia presenterà un ricorso al Tar.

Matteo Zuppi, 68 anni, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna
Matteo Zuppi, 68 anni, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna

Zuppi non cita mai il dispositivo regionale, ma si dimostra molto scettico anche s ulla sua fondatezza. "Gli impianti giuridici che stabiliscono il diritto alla morte sono degli inganni e sono di dubbia validità – spiega senza giri di parole Zuppi, parlando a una assemblea di fedeli, composta da malati e dalle persone che se ne prendono cura –. La questione non è tanto confessionale quanto laica. L’umanesimo su cui si basa la nostra società ci porta a concludere che esisterà sempre e solo un diritto alla cura. Del resto, la sofferenza la si affronta cancellando il dolore e non spegnendo la vita. Quest’ultima va protetta con cure adeguate che diano dignità fino alla fine e che non si riducano alla mera prestazione sanitaria. Occorre ricostruire quell’alleanza terapeutica tra medici, familiari e malattia indispensabile affinché nessuno sia lasciato solo o si senta solo". Nelle sue riflessioni, il porporato fa spesso riferimento al messaggio dal titolo ‘Non è bene che l’uomo sia solo’, con cui papa Francesco ha introdotto questa Trentaduesima giornata mondiale del malato. "Quello che è decisivo è togliere il dolore e, allo stesso tempo, garantire un livello di cura alto che si occupi della condizione del malato e che eviti due rischi: un’ostinazione irragionevole della terapia come l’accanimento, che spesso produce una inutile sofferenza, oppure la desistenza, vale a dire quel lasciar perdere, che – questo è l’altro passaggio forte – potrebbe essere condizionato dalle convenienze economiche. Questo è inaccettabile, perché la vita non ha un costo e occorre che a tutti siano garantite le cure più idonee fino alle terapie palliative, sempre in associazione con quelle contro il dolore". Zuppi non sfugge neppure al problema della richiesta. Le cronache hanno raccontato quelle più famose, da Piergiorgio Welby a Dj Fabo, passando per la travagliata vicenda di Eluana Englaro, ma lontano dai riflettori non sono pochi i malati terminali che vedono come unica soluzione il fine vita. "La malattia non è mai qualcosa di esterno che si impadronisce della nostra vita: questo ce lo fa credere un’idea del benessere che ci propone un modello di cui tutti siamo vittime. La vita trova il suo senso solo se si confronta con la sua fragilità e se si riscopre vulnerabile. Se questo incontro con il proprio limite non c’è, si genera un algoritmo pericoloso che stabilisce i requisiti necessari affinché una vita possa essere vissuta e chi è fuori da questi requisiti diventerebbe uno scarto". "In realtà – conclude – ogni vita è fragile e chi pensa di poter esistere senza gli altri è proprio chi ha più bisogno degli altri per ritrovare sé stesso. Non dobbiamo vergognarci di chiedere un aiuto".