di Federica Gieri Samoggia
Al liceo Malpighi, divieto di accesso al cellulare in classe: buona la prima, si replica. "Pochi genitori hanno brontolato per la nostra scelta educativa. La maggior parte ci ha ringraziato". E i ragazzi? "Beh qualche lamentela c’è stata: è ovvio ce lo aspettavamo, ma poi hanno capito il perché di questa decisione e ci hanno ringraziato anche loro". Elena Ugolini è la rettrice delle Scuole Malpighi che ha fatto sua l’idea del preside del liceo Malpighi, Marco Ferrari. Ovvero di vietare l’ingresso, quindi l’utilizzo, dello smartphone in classe: lo si ripone in una cassettiera appena si entra in classe e lo si riprende dopo l’ultima campanella.
Fuori uso anche durante la ricreazione. Unico recupero ammesso: nel caso in cui il prof ne abbia bisogno per finalità didattica. Una rarità perché, sia ben chiaro, nel liceo di via Sant’Isaia lo stop al cellulare non sottintende un ritorno alla preistoria. Le Lim (Lavagna interattiva multimediale), in ogni classe, funzionano a pieno regime, gli iPad sono ovunque e il wifi c’è. Solo niente smartphone in classe. "Una scelta nell’esclusivo interesse dei ragazzi", chiosa Ugolini che, però, ha ‘sfidato’ i suoi docenti estendendo anche a loro la proibizione. "Funziona", ammette. Tanto che Ferrari sta pensato a un percorso per far sì che tutti insegnanti, studenti e genitori abbiano "maggiore consapevolezza". Del resto "anche gli adulti hanno bisogno di non essere continuamente "distratti".
Relazione, apprendimento, conoscenza, responsabilità e dialogo i motori di questo free-smartphone che "alle medie Malpighi era operativo ben prima dell’introduzione al liceo", ricorda Ugolini. Certo "in prima media non tutti hanno il cellulare, ma in seconda e in terza sì …". E i genitori? "Ci hanno detto per fortuna avete preso questa decisione".
Al Malpighi, liceo, comunque, non si è partiti di colpo: l’anno scolastico 2022-23 è stato l’anno di rodaggio, ma quello precedente ha visto una classe campione. Dove il mugugno è stato forte, però. Nel senso del "perché solo noi?". Ad accendere la scintilla: la chat parallela a quella ufficiale di una classe in cui qualche studente era stata preso di mira. "Quella chat era come un altro mondo", avverte Ugolini. Da lì a cascata il divieto di accesso totale "per dare spazio alla relazione, al non essere distratti da altro", al parlare per decidere quando e dove verdi per studiare.
Un "sacrificio" esteso anche alla ricreazione. Da lì la rivoluzione. "Sono rimasti stupiti i ragazzi stessi: quello che si è verificato in classe, era tangibile. Sono più attenti, più concentrati, ascoltano con più attenzione l’insegnante. Sono attratti da quello che accade in presenza", osserva Ugolini. Ma non solo "i ragazzi sono più tranquilli, rilassati e sono più ‘attivi’ nella relazione personale con l’altro, con il compagno". Anche nello studiare insieme: no whatsapp, ma parole non scritte. Così facendo, "lavoriamo anche verso una maggiore consapevolezza dei rischi delle dipendenze dalla tecnologia". Insomma "cerchiamo di educarli alla responsabilità". Sanzioni per chi sgarra? "Nessuna perché i ragazzi hanno compreso il ‘regalo’ che gli abbiamo fatto".