Bologna, 16 marzo 2022 - "I comportamenti molesti ci sono stati e sono stati reiterati. Vi sono le minacce anche implicite (i riferimenti a una ragazza di nome Marta che si era tolta la vita). Vi sono le minacce verso soggetti legati alla vittima, tra cui l’allora compagno. Si sono verificati gli eventi tipici del reato". Ecco perché, scrive il pm Marco Imperato, "si ritiene di aver così dimostrato la configurabilità e la certa sostenibilità della sussistenza del delitto di atti persecutori contestato". La Procura non ci sta e con atto urgente ha impugnato davanti alla Corte d’Appello il proscioglimento per l’uomo accusato di stalking nei confronti di Marta Collot, portavoce nazionale di Potere al Popolo: l’imputato Alberto Tagliati, 50 anni e precedenti per sequestro e violenza sessuale del 2004, che si trova attualmente in carcere per lo stesso reato di stalking a Collot. Reato però contenuto in un secondo fascicolo, successivo e nato da una nuova denuncia della giovane attivista politica: "Quasi due anni dopo i fatti contestati – scrive la Procura – Tagliati ha ripreso le sue condotte persecutorie", a seguito delle quali "questo pm ha aperto il fascicolo 3152022", chiedendo e ottenendo "la custodia cautelare in carcere". Misura confermata il 4 marzo dal Riesame, ovvero "tre giorni dopo l’inattesa decisione del gup Letizio Magliaro di pronunciare sentenza di non luogo a procedere", perché il fatto non sussiste, "per il primo segmento di accuse". Una decisione che ora ha portato alla reazione degli uffici di via Garibaldi.
Secondo il pubblico ministero, il giudice "non ha adeguatamente considerato la valenza delle singole condotte nel contesto, anche alla luce del profilo di elevata pericolosità dell’imputato". Una "abitualità" di condotte persecutorie, che hanno "ingenerato timore" e costretto la donna a "cambiare stili di vita", elencate una dopo l’altra. "Il 22 febbraio inviava messaggi su Facebook, nei giorni successivi ne seguivano altri molesti, quindi poneva in essere una serie di condotte per poter informarsi e indirettamente seguire e controllare la ragazza". Non è finita. Tra messaggi e foto, anche "l’effige" della "stessa Collot vestita e camuffata da Hitler" e il riferimento ad altra giovane "di nome Marta che si era impiccata". La motivazione del giudice, "appare errata e contraddittoria anche quando afferma che le uniche minacce sono ’rinvenute esclusivamente nei messaggi inviati a un amico’". Alla vigilia dell’8 marzo, la 28enne di PaP, durante un presidio davanti al tribunale per protestare contro il proscioglimento, aveva rivelato di essere stata stuprata tre anni fa nel parco di via Parri. Vicenda diversa dal caso di stalking.