Bologna, 24 giugno 2023 - I disturbi dell’alimentazione sono in continuo aumento tra gli adolescenti, il Covid ha peggiorato alcuni comportamenti, e preoccuparsi dell’immagine corporea è sempre più al centro dei pensieri dei giovanissimi.
Quanti sono i pazienti seguiti nella vostra struttura?
"Da almeno quattro anni registriamo un incremento importante di queste patologie. Nel 2019 erano 337 i ragazzi seguiti, nel 2020 durante la pandemia i pazienti sono saliti a 370, tra i 322 dell’ambulatorio, 30 ricoveri in reparto e 18 in day hospital. Dalla città e dalla provincia sono arrivati in 245, dal resto dell’Emilia-Romagna 66, da fuori Regione 11. E la progressione è continuata: nel 2021 i pazienti sono stati 399, lo scorso anno 433", risponde Antonia Parmeggiani, neuropsichiatra infantile, direttrice del Centro regionale per i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione in età evolutiva con sede al Sant’Orsola e afferente alla Neuropsichiatria dell’età pediatrica dell’Irccs Istituto delle scienze neurologiche di Bologna dell’Ausl, diretta dal professor Duccio Cordelli.
L’identikit dei giovani pazienti?
"Sono prevalentemente di sesso femminile, ma sono aumentati anche quelli di sesso maschile, e sempre più la sintomatologia per l’anoressia nervosa compare precocemente anche in età prepubere, abbiamo casi di bambine di 10 anni".
Quando non si può fare a meno del ricovero?
"Il disturbo alimentare per il quale è necessaria una ospedalizzazione – precisa la professoressa dell’Alma Mater –, è l’anoressia nervosa sia tipica, sia atipica nelle varianti restrittiva o con abbuffate e condotte compensatorie. In day hospital, oltre all’anoressia nervosa possono essere ricoverate anche pazienti con bulimia nervosa, caratterizzata dalle abbuffate con condotte compensatorie, e più raramente con alimentazione incontrollata".
Quali sono le cause di queste malattie?
"I fattori determinanti sono molteplici: la genetica, i traumi psicologici, il contesto socio-culturale, la paura per le modificazioni del corpo. La cura è articolata e richiede la collaborazione di una équipe multi-professionale. La patologia del disturbo alimentare è insidiosa e pericolosa perché se cronicizza, è più difficile da debellare".
Che consigli dare alle famiglie?
"Ai genitori direi di stare in ascolto dei propri figli, di fare attenzione alle riduzioni dell’alimentazione o ai cambiamenti dello stile alimentare. Un campanello d’allarme è la diminuzione dell’assunzione di cibi calorici e la pratica di sport in modo eccessivo, la presenza di condotte di eliminazione come il vomito. È importante, inoltre, conoscere i social media utilizzati dai propri figli".
I genitori sono sempre in grado di cogliere i primi segnali?
"Non sempre. Essere genitori non è facile. Capita che loro stessi abbiano una alimentazione irregolare o pratichino sport in maniera eccessiva magari saltando il pranzo".
Quando i social media possono rappresentare un pericolo per i disturbi alimentari?
"Nel momento in cui, alcuni di essi diventano un supporto sociale, un senso di appartenenza a una comunità che determina nei ragazzi un sentimento di sicurezza perché si sentono liberi di esprimersi senza avvertire il peso del giudizio dei coetanei o dei familiari. A quel punto il disturbo alimentare diventa una filosofia di vita, una ‘religione’ e perde il significato di malattia".