Tammam Hasan è il cardiologo del Sant’Orsola che ha visto per primo il piccolo Adam, in Siria. Quando è venuto a conoscenza del caso del bambino?
"Lo scorso anno, ad agosto, quando con mia moglie, che è dermatologa, siamo rientrati per vedere i nostri familiari che vivono a Tartus, la stessa città del bimbo. Quando sanno che arrivo mi contattano per i casi più gravi".
Questo era uno dei quelli?
"I genitori sono arrivati a casa mia disperati, con tutta la documentazione medica della patologia, gravissima, del loro figlio. La sanità in Siria è al collasso e non c’è modo di riuscire a effettuare questi interventi altamente complessi. Ci sono casi per i quali non si può più fare nulla, purtroppo: Adam era un caso urgente ma si poteva ancora salvare. Allora abbiamo deciso di muoverci:
il Sant’Orsola, l’Associazione bambino cardiopatico e i Piccoli grandi cuori, ognuno ha fatto la sua parte e la grande macchina della solidarietà bolognese e italiana, si è messa in moto e Adam è arrivato nella nostra città e nel nostro ospedale".
L’intervento come è andato?
"Benissimo, dopo sette giorni è stato dimesso ma appena dopo cinque giocava e correva: la mamma è scoppiata in lacrime quando lo ha visto. Le sembrava incredibile. Quando avrà completato il percorso di riabilitazione torneranno in Siria".
Posso chiederle come mai ha scelto Bologna per la sua professione?
"Sono nato a Damasco nel 1978 dove mi sono laureato in Medicina con specializzazione in Pediatria. Ma sono stati i casi disperati di bimbi con problemi al cuore a farmi scegliere questa specialità. Ho vinto una borsa di studio per venire in Italia, sono stato un anno a Parma e nel 2008 sono venuto a Bologna, accolto con grande affetto, per un Master in Cardiologia pediatrica. Qui ho visto che questi bambini si potevano salvare, potevano diventare adulti. Una di questi piccoli pazienti adesso è una cardiologa".
I suoi familiari come stanno?
"Ho nuovamente abbracciato mia madre dopo 12 anni, mio padre invece non l’ho più rivisto: è morto nel 2020 e solo da tre anni sono riuscito a rientrare in Siria. Ormai sono italiano, la mia vita, la mia famiglia, è tutto qui. Il dolore di stare lontani dal proprio Paese è enorme, ma vivere e lavorare lì è impossibile".