Bologna, 14 gennaio 2024 - Infezioni alle protesi: una paura che attanaglia molti pazienti reduci da interventi chirurgici in cui si sono visti sostituire parti di ossa o articolazioni con elementi esterni, le protesi appunto. È un timore fondato? Il rischio c’è ma è molto limitato, parola dell’esperto: il professor Massimiliano De Paolis, primario di Ortopedia del Policlinico Sant’Orsola di Bologna.
Come si infetta una protesi
“Il rischio di infezione – ha spiegato il professor De Paolis nel corso della trasmissione Elisir, su Rai3 – si aggira intorno all’uno per cento su chi viene operato con una protesi. Un rischio accettabile, anche se pensando ai tantissimi interventi di questo genere che ogni giorno si svolgono solo in Italia, inizia ad essere un numero importante. L’infezione alla protesi, o periprotesica, ovvero intorno alla protesi, è una delle complicazioni che possono insorgere dopo l’impianto di un corpo estraneo nell’uomo. La protesi, che è fatta di materiale inerte, è molto idonea per essere colonizzata dai batteri. Proliferando, i batteri creano una membrana che si chiama biofilm: questa membrana crea una protezione per i batteri sia verso il sistema immunitario e sia verso la terapia antibiotica, quindi le infezioni periprotesiche sono molto difficili da curare”.
Fattori di rischio
Prosegue il dottor De Paolis: “Il diabete rientra nei fattori di rischio. Altri fattori di rischio sono l’obesità e l’abuso di alcool. Il diabete può portare una problematica di guarigione della ferita e ha effetti negativi sul sistema immunitario, quindi è uno dei fattori di rischio più importanti. Non ultimo, anche il fumo può aumentare il rischio di infezione. I materiali di cui è fatta la protesi invece non sono di per sé dei rischi, anche perché le protesi ortopediche sono tutte quante in titanio mentre quelle ad esempio estetiche sono in silicone, ma sia l’uno che l’altro materiale sono attraenti per i germi allo stesso modo”.
I sintomi di un’infezione
Se abbiamo subito un intervento con protesi e pensiamo di avere un’infezione, è indispensabile rivolgersi al proprio medico. In ogni caso, sintomi come dolore, eritema, edema e febbre sono abbastanza indicativi. Prosegue De Paolis: “Importanti sono i controlli post operatori: si consiglia di fare un primo controllo a distanza di un mese per vedere se il decorso è stato regolare. Poi è bene tener presente che le protesi non durano tutta la vita, quindi si consiglia sempre di fare dei controlli di questi impianti, come in un’automobile. Nel caso delle protesi, ormai durano circa 20-25 anni”.
Le terapie
“Le terapie a disposizione sono essenzialmente due – conclude De Paolis - cioè la terapia chirurgica e la terapia antibiotica. Oggi nel trattare questo tipo di complicazione si opta per un trattamento multidisciplinare, cioè bisogna avere a disposizione dei chirurghi ortopedici dedicati a questo tipo di complicazione, ma anche un infettivologo, un microbiologo, un farmacologo che uniti trovano la soluzione migliore per il paziente. Se si opta per la terapia chirurgica, ovvero la sostituzione della protesi, spesso si fa la cosiddetta tecnica two-stage: si toglie la protesi, si mette uno spaziatore temporaneo, si fa una terapia antibiotica e poi in un secondo tempo si va a reimpiantare la protesi”.