REDAZIONE BOLOGNA

Sinisa Mihajlovic, vero bolognese. Ci ha insegnato a vivere con coraggio e a restare umani

Così diverso per carattere dalla città che lo ha adottato, eppure legato alle Due Torri in modo indissolubile. Con lui tre anni indimenticabili di emozioni mai banali

Sinisa Mihajlovic

Bologna, 17 dicembre 2022 - Non sarà stato un amore a prima vista, forse, ma è stato un amore vero, e sincero, fino alla fine, quello tra Bologna e Sinisa Mihajlovic. Pochi come il mister serbo hanno avuto un carattere così diverso da quello delle Due Torri. Eppure pochi sono stati così in grado di entrare nel cuore di questa città come ha fatto lui. Non è la retorica dei buoni sentimenti a parlare, in questo caso, ma la realtà dei fatti. Chiunque qui sotto i portici, da ieri, sa di avere perso qualcuno di più importante di un semplice ex allenatore del Bologna. E allora è inevitabile chiedersi perché, e come, sia nato questo legame profondo tra due opposti così distanti eppure, non da ieri, così indissolubili. Il guerriero Sinisa e la placida Bologna. L’allenatore che se avesse scoperto chi dei suoi giocatori parlava con la stampa lo avrebbe "attaccato al muro" (ipse dixit) e la città compiaciuta del suo intramontabile benessere, che tanto, forse tutto, perdona agli eroi della pedata di rossoblù vestiti, perché alla fine il calcio è un gioco e nella vita ci sono cose più importanti.

Sinisa, per Bologna, è stato fin da subito un pugno nello stomaco. Fin da quel pomeriggio del gennaio 2019 in cui tutti, nel club rossoblù e non solo, vagavano nei dintorni del Dall’Ara con lo sguardo nel vuoto dopo aver preso quattro pappine dal Frosinone e aver visto spalancarsi sotto i piedi l’inferno della B. Sinisa, con i suoi metodi da sergente di ferro, ribaltò il destino di una scialuppa di naufraghi che si avvicinava serenamente al precipizio, conducendola verso una rimonta da stropicciarsi gli occhi. Non ebbe paura di fissare l’abisso sportivo in quella incredibile primavera del 2019, né la ebbe, pochi mesi dopo, nel guardare quello esistenziale che gli si aprì davanti all’improvviso: leucemia mieloide acuta. Dopo il trapianto riuscito e il sollievo per una malattia apparentemente sconfitta, il ritorno alla normalità fu quasi immediato.

Una normalità fatta di consenso unanime, applausi in ogni stadio (anche da coloro che un tempo erano i suoi nemici più feroci) e cori di sostegno in grado di superare i confini del rettangolo di gioco. Sicuramente il momento più alto del rapporto tra Mihajlovic e Bologna. Peccato che Sinisa non sia mai stato un uomo da approvazioni facili o da applausi di circostanza. Così decide di sparigliare ancora alle Regionali del 2020, dalle colonne del Carlino , dice che se potesse votare lo farebbe per Lucia Borgonzoni, candidata della Lega e del centrodestra e non per il governatore uscente a caccia del bis, Stefano Bonaccini (con cui poi instaurerà un rapporto di stima e rispetto).

Apriti cielo. L’idillio tra Sinisa e la città vacilla. Piccoli uomini gli rinfacciano pubblicamente (ovvero sui social) le cose più terribili – su tutte l’ingratitudine verso la terra che lo ha curato –, molti storcono il naso perché a queste latitudini sono pochi i personaggi pubblici che decidono di prendere posizioni ‘scomode’, non in linea con l’ortodossia politica, culturale e sociale cittadina. E di base danno fastidio: perché non si limita a fare l’allenatore invece che parlare di politica? Partono gli attacchi strumentali sul suo passato troppo vicino ad alcuni criminali di guerra durante il conflitto nella ex Yugoslavia (su tutti, la tigre Arkan), che ne mettono in dubbio il conferimento della cittadinanza onoraria, votato dalla stragrande maggioranza del Consiglio comunale. Partono raccolte di firme contro il provvedimento di cui ancora si fa fatica a capirne il motivo, l’iter cerimoniale si blocca e tutto sembra sfumare, complici le elezioni Comunali di mezzo. È il momento del grande freddo, che fa il paio con risultati non sempre soddisfacenti sul campo, e che apre le prime crepe nel rapporto con la città. Galeotta è l’estate del 2021: Sinisa aspetta la chiamata di una grande squadra, il Bologna, se questa chiamata arrivasse, non ne farebbe certo un dramma. Invece, tutto resta com’è, anzi si decide di andare avanti con un anno in più di contratto. E, alla fine, arriva pure la cittadinanza onoraria, in una indimenticabile sera del novembre 2021.

Non è un tentativo rabberciato e poco convinto di andare avanti, però. L’affetto e la stima, tra il mister e quella che da allora sarà a tutti gli effetti la sua città, sono veri. E Sinisa ha solo parole dolci per Bologna: "Sono stato fortunato a capitare qui". Una fortuna che è stata anche la nostra. Perché Sinisa ci ha insegnato tante cose in questi ultimi tre anni. Ad azzannare la vita quando le cose vanno male, perché un altro finale è sempre possibile. A guardare in faccia il destino e le sue difficoltà senza paura: del fallimento o del consenso altrui. A prendere posizione, se crediamo ne valga la pena, anche quando sappiamo di essere minoranza oppure la partita è già persa. In definitiva, a vivere come questa città ci ha sempre spinto a fare nei secoli: con il cuore, e restando umani, nonostante tutto. Perciò Sinisa è stato, anzi è, un grande bolognese. Per questo, con lui ci siamo voluti bene per davvero. E non sarà la morte a spegnere questo sentimento.