Bologna, 23 ottobre 2024 – “Un gruppo di lavoro, formato su mandato mio e di Irene Priolo, già domani (oggi, ndr) si vedrà per partire con un lavoro propedeutico a una nuova mappa del rischio. Si interverrà immediatamente, secondo le prime segnalazioni, per mettere in sicurezza gli edifici o per dichiararli inagibili”.
L’aveva detto due giorni fa Matteo Lepore in Consiglio comunale e difatti la macchina è già partita a Bologna, dove l’attenzione dell’amministrazione è dedicata anche al ripensamento della rete idraulica della città. Ha fatto malissimo l’alluvione della notte tra sabato e domenica, che ha lasciato in dote in tutta la provincia centinaia di sfollati (in diminuzione), case sott’acqua, garage e negozi devastati dal fango. E il sindaco non vuole più subire l’anarchia distruttiva dei 12 corsi d’acqua che minacciano Bologna.
“Una portata storica, 160 millimetri d’acqua venuti giù sulla città in sei ore – ha ricordato ancora Matteo Lepore –. I 40 chilometri di canali sono la ricchezza e la maledizione di Bologna. Ora però bisogna prendere il coraggio a due mani e ripensare la capacità della città di rispondere alle alluvioni e ai grandi rovesci”.
Come?
“L’ha ricordato anche il ministro Nello Musumeci, la tombinatura dei canali è una delle cause principali dei problemi della tenuta idrica del Paese. E questo ovviamente vale anche per Bologna. Per cui dobbiamo fare come con la torre della Garisenda (l’anno scorso scattò l’allerta per il rischio crollo, ndr), accettare la sfida di ripensare il sistema idrico per renderlo sicuro. Serve una nuova mappa del rischio, il sistema è fatto a vasi comunicanti, se chiudi il centro storico allaghi la periferia e viceversa. Quindi dobbiamo coinvolgere tutti gli attori interessati dal passaggio dei canali”.
Chi c’è?
“I privati, lo Stato con le aree demaniali, l‘Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile, i consorzi a cui la Regione demanda la gestione dei corsi d’acqua. Il Comune ha competenza per i tratti coperti dalla strade e io non mi tiro mai indietro dalle responsabilità, i cittadini chiedono al loro sindaco di essere protetti, ma tutti dovranno fare la loro parte. Se dovesse servire alzeremo muri contenitivi, costruiremo invasi, devieremo il corso di alcuni canali e dichiareremo inagibili le case a rischio”.
Ecco, avete già individuato le zone ‘rosse’ nelle quali potreste chiedere ai cittadini quest’ultimo sacrificio estremo?
“Il lavoro di verifica nelle zone, per esempio dove sono saltate le tombinature o dove ci sono crepe e sfondamenti, verrà effettuato dal gruppo formato dall’agenzia regionale, dai consorzi e dai vigili del fuoco assieme al Comune. Prima il pool si occuperà degli interventi più urgenti, poi passerà alla nuova mappatura del rischio, per una nuova strategia idraulica che richiederà centinaia di milioni di euro di investimento”.
Conta dei danni e ristori ai cittadini: a che punto siamo?
“Attraverso i social abbiamo già raccolto oltre 1.200 segnalazioni e richieste d’aiuto. Questo ci dà già un’idea delle situazioni zona per zona”.
State chiedendo un impegno fisso annuale da parte di Roma? Voi come Comune state pensando di impegnare già delle prime somme a bilancio?
“Vedremo anche con la prima variazione di bilancio del gennaio 2025, ma quello che può fare il Comune è accantonare, lo abbiamo già fatto, somme per le urgenze e i ripristini, possiamo intervenire sulle strade. Invece ci aspettiamo che con la proroga dello Stato d’emergenza arrivino in tempi brevi risorse ingenti, chiarendo cosa possa essere rimborsato e cosa no. Oltre ai danni alle case chiediamo che vengano inseriti anche i danni alle auto e ai mobili. Ci sono famiglie in mezzo alla strada e imprese in ginocchio, ci siamo già faticosamente caricati sulle spalle il post alluvione 2023. Adesso abbiamo fatto ripartire una raccolta fondi metropolitana come con la Garisenda, ma le risorse di Comune e metropoli non possono certo bastare. Qui parliamo, in generale, di una necessità per miliardi di euro”.
Intende reiterare una richiesta di unità istituzionale?
“Chiedo una mano allo Stato, a tutti senza distinzioni. Dobbiamo uscire dall’immobilismo creato dalla perenne campagna elettorale, bisogna lavorare insieme, siamo a disposizione per condividere delle strategie e delle progettualità da finanziare. Circa 4,5 miliardi di euro di piani speciali sono ancora nel cassetto che aspettano risorse, serve adesso una nuova attenzione alla città di Bologna per il rischio idraulico rivelato dai nuovi eventi climatici”.
Ha sentito il governo?
“Ho sentito la ministra Bernini. Altre chiamate no, ma credo succederà nei prossimi giorni”.
Bologna può diventare una ‘Città-spugna’ come suggerito dall’urbanista Cucinella?
“È una buona idea per la resilienza della città ai cambiamenti climatici. Ma a noi serve un investimento ingegneristico di portata epocale. E dobbiamo riunire le migliori competenze per guidare questa trasformazione”.