NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Sequestro lampo. Manager rapito a Mosca. Un arresto a Faenza

L’uzbeko è un ex collaboratore della stessa azienda di Guidotti. L’incontro a Imola per i soldi del riscatto. Ma il colpo non riuscì.

Sequestro lampo. Manager rapito a Mosca. Un arresto a Faenza

Le immagini del blitz delle forze speciali russe nel giugno scorso

Un consulente uzbeko di 44 anni, che in passato aveva avuto rapporti lavorativi con la Siad. Ci sarebbe lui dietro il rapimento dell’imprenditore Stefano Guidotti. L’uomo è stato arrestato venerdì nella sua casa di Faenza, accusato di concorso in rapimento finalizzato all’estorsione, al termine di un’indagine coordinata dalla Dda di Bologna, con la procuratrice Beatrice Ronchi, e condotta da Ros dei carabinieri e Sco della polizia. Guidotti, originario di San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, direttore generale dell’ufficio di rappresentanza della Siad in Russia, era stato sequestrato il 28 giugno scorso mentre passeggiava lungo il viale Sadovaya-Triumfalnaya, a Mosca, da alcune persone che lo avevano spinto a bordo di una Bmw. Trentasei ore dopo, le forze speciali russe lo avevano rintracciato a 400 chilometri dalla capitale, al confine con l’Ucraina, e lo avevano liberato, arrestando tre uzbeki.

Da quei fatti sono partite le indagini della Dda, sviluppate "grazie alla piena collaborazione delle autorità consolari e della polizia russa, che ha condiviso con noi tutte le sue informazioni", come ha spiegato il procuratore capo facente funzioni Francesco Caleca. Un lavoro che ha permesso di risalire al quarantaquattrenne, arrivato in Italia all’inizio della guerra in Ucraina: l’uomo, in possesso anche di passaporto russo, aveva avuto una collaborazione con la Siad - che produce gas tecnici industriali -, gestendone i rapporti con l’Est. La società bergamasca, però, aveva interrotto i rapporti perché non ci sarebbe più stata "sintonia" con il modo di lavorare dell’uzbeko. E non è escluso che anche questa possa essere una delle ragioni che avrebbero spinto il quarantaquattrenne a pianificare il rapimento del manager.

Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, mentre a Mosca i complici rapivano Guidotti, il quarantaquattrenne da Imola avrebbe preso contatti con la società bergamasca, incontrandosi poi con uno dei manager (già in contatto con la polizia) quello stesso giorno nell’Imolese. Qui avrebbe chiesto un riscatto per la liberazione del prigioniero, concordando un altro appuntamento per il giorno successivo nel quale sarebbe stata comunicata la cifra esatta per il rilascio. Un appuntamento che, però, non c’è più stato, visto che intanto, in Russia, i suoi presunti complici erano stati arrestati e l’imprenditore liberato.

Venerdì, quando è scattato l’arresto, l’abitazione di Faenza è stata perquisita e telefoni e supporti informatici dell’uzbeko affidati alla polizia postale per essere analizzati. Martedì l’uomo comparirà davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia, difeso dall’avvocato Pietro Chianese: "Bisogna verificare bene i fatti, ma non si tratta di un sequestro dove uno rapisce un altro per soldi: è un contesto lavorativo da quanto ho capito. Il mio assistito non è un criminale che ha fatto un sequestro per soldi. Lui collaborava e faceva consulenze per la stessa azienda, probabilmente voleva essere pagato da quanto ho intuito".

"Sapevamo che Stefano si trovava a Bologna e che era sotto la protezione delle forze dell’ordine – raccontano i famigliari di Guidotti –, ma nessuno di noi era al corrente di cosa stesse accadendo. Non ci ha mai raccontato nulla. Sappiamo che è ancora sotto choc e che porta con sé i traumi del rapimento, ma presto dovrà tornare a Mosca e riprendere il suo lavoro".