Nuove tensioni fra collettivi e Università dopo gli scontri di mercoledì scorso in occasione dell’apertura dell’Anno accademico. Gli attivisti attaccano, il rettore Giovanni Molari risponde con fermezza e rimanda al mittente le accuse.
Partiamo dall’inizio: ieri i ’Giovani Palestini’ hanno annunciato che occuperanno "a oltranza" la sede del Rettorato, al civico 33 di via Zamboni, fino a quando "il rettore Molari non verrà a parlare con noi, si assumerà la responsabilità di quello che è successo in piazza mercoledì, della violenza che è stata messa in campo e soprattutto della sua censura". Gli attivisti si riferiscono ai fatti avvenuti nel corso della protesta pro Palestina (blitz durante la cerimonia con bandiere e interventi, scontri con la polizia in piazza) in cui si chiedeva all’Ateneo di interrompere gli accordi con Israele.
"Un rettore – spiega Ettore, uno degli attivisti del collettivo – che toglie il microfono dalle mani di una studentessa a cui aveva concesso la parola, glielo strappa nel momento stesso in cui emerge una voce di dissenso, è una cosa gravissima". Il riferimento è al momento in cui, durante la cerimonia di inaugurazione al teatro Manzoni, Molari ha tolto il microfono alla studentessa dopo che quest’ultima aveva detto che sia lui che l’Unibo hanno "le mani sporche di sangue".
Immediata la reazione dell’Ateneo che proprio non ci sta a passare per l’istituzione "cattiva" che "toglie la parola" e non ascolta. "Abbiamo tollerato di buon grado – le parole del rettore Molari – per favorire un pacifico svolgimento della cerimonia, anche parole e slogan violenti contro l’Ateneo e contro di me. L’intervento finale dal podio del Teatro era stato concordato con i manifestanti per evitare scontri e mantenere aperto il dialogo. Le modalità non sono state rispettate, ma abbiamo comunque consentito che l’intervento si svolgesse fino a esaurimento del tempo concordato. Ritengo doveroso favorire una corretta descrizione di quanto accaduto, anche a rettifica di commenti social poco informati o apertamente finalizzati ad alimentare un clima di scontro che contraddice tutti i valori e gli intenti del nostro Ateneo". Mercoledì, aggiunge Molari, "abbiamo voluto mostrare che un Ateneo consapevole del proprio ruolo può dare ospitalità a tutte le voci di critica e dissenso. E abbiamo voluto scongiurare, con tutto l’impegno, ogni degenerazione violenta dentro e fuori il teatro. Ci siamo riusciti". Quattro interventi, due ufficiali e due non previsti, "hanno richiamato l’attenzione sulla guerra in Palestina – conclude Molari – Un tema urgente sul quale mi sono soffermato anch’io e che è stato ripreso dal ministro Bernini, che ringrazio per il sostegno e l’equilibrio. Ora proseguiremo sulla linea del dialogo, l’università è un luogo da sempre libero e vogliamo che resti tale".
Chiara Caravelli