di Francesco Moroni
"È una storia importante, che tratta un sentimento spesso più forte dell’amore: l’amicizia. Due persone che non c’entrano nulla l’una con l’altra, diametralmente opposte per necessità di vita e per questioni culturali, ma che a causa del destino si incontrano e… finiscono per arricchirsi".
Paolo Ruffini non nasconde l’ironia e la verve che lo contraddistinguono, ma sembra piuttosto emozionato mentre racconta il suo ‘Quasi Amici’. D’altronde non è una novità, per lui, unire recitazione e tematiche profonde: ne è un esempio ‘Up & Down’, lo spettacolo solidale che l’attore toscano continua a portare in giro per l’Italia insieme a una compagnia di ragazzi con la Sindrome di Down.
La storia di ‘Quasi Amici’ è diventata famosa grazie alla stupenda, omonima pellicola del 2011 targata Olivier Nakache ed Éric Toledano, con protagonisti François Cluzet e Omar Sy. Due uomini che più diversi non si potrebbe: il primo bello, ricco, intelligente, colpito da un incidente in parapendio e relegato sulla sedia a rotelle. L’altro, furbo, vivace, entra ed esce di galera fin da quando andava a scuola.
‘Quasi Amici’ arriva sul palco del Teatro Celebrazioni da oggi a domenica (feriali ore 21, festivi ore 18): insieme a Ruffini, ci sarà Massimo Ghini, con adattamento e regia di Alberto Ferrari.
Ruffini, il rapporto con Ghini com’è
"Ci vogliamo bene e si vede, siamo una strana coppia. Il mio ultimo film, ‘Ragazzaccio’, l’ha diretto lui. Non fa l’attore, è un grande attore".
Ruffini torna a mescolare teatro e sociale?
"Sì, direi che ‘Quasi Amici’ è coerente con la mia carriera. Il personaggio di Driss è spietato, per certi versi mi assomiglia molto. Apprezzo il modo in cui tratta gli altri. Io ad esempio lavoro con persone con la Sindrome di Down: perché devono essere definite speciali? Ci sono, anche tra loro, persone simpatiche e antipatiche. Ecco, è questa mancanza di pietismo che mi rispecchia. Pietas, più che pietà".
Basta ‘politically correct’?
"Ma sì (con inconfondibile accento toscano, ndr)! Il politicamente corretto è una forma di censura fascista che oggi serpeggia in maniera preoccupante: se si vuole un film ‘corretto’, si deve tornare indietro nel tempo fino al 1938. Da Lina Wertmuller a Federico Fellini, tutto è scorretto nell’arte. Oggi, invece, certe scene di una volta non sarebbero più nemmeno possibili…".
Di chi è la colpa?
"Né del Papa né di Giorgia Meloni, è colpa di Cettina54 e Mario87… Se oggi girassimo la scena del domatore di donne con Marcello Mastroianni in 8 e 12, si scatenerebbe un putiferio. O penso a Fantozzi, che trattava le sue donne come schiave in sostanza. Internet e i social hanno portato questa finta democrazia che mi disgusta".