Bologna, 21 settembre 2024 – Non una, non due, non tre, ma ben quattro alluvioni. In soli cinque anni. Dal 2019 a oggi. È il dato preoccupante che riguarda il fiume Idice, dove mercoledì scorso si è verificata l’ennesima rottura degli argini. L’acqua, nei pressi del ponte della Motta a Budrio, ha velocemente ricoperto strade e campi, facendo ripiombare i cittadini in un incubo vissuto già troppe volte. Tra questi c’è anche Martino Pioggia, avvocato di 60 anni residente a Budrio e presidente del Comitato Bassa valle dell’Idice.
I numeri parlano chiaro, quattro alluvioni in cinque anni.
“Purtroppo sì. La prima è stata nel 2019, in quel caso l’argine dell’Idice si ruppe più a monte rispetto a quanto successo con l’alluvione del 2023. Parliamo di circa 500 metri di distanza. Tre anni più tardi, nel 2022, abbiamo avuto un micro evento alluvionale. Poi quello dello scorso anno, che ha devastato il territorio, e infine quello dei giorni scorsi, dove l’argine ha rotto circa un centinaio di metri più a valle rispetto a maggio 2023. Non è pensabile che si verifichino tutti questi eventi nell’arco di cinque anni. Qualcosa non ha funzionato e qualcuno non ha fatto quello che doveva fare”.
Si spieghi.
“Se dopo l’alluvione del 2019 gli argini fossero stati rinforzati, molto probabilmente non saremmo in questa situazione. O comunque, in caso di rottura, ci sarebbero state conseguenze minori rispetto a quelle che abbiamo avuto. Ci saremmo trovati davanti a un’esondazione, il che comporta una fuoriuscita di acqua, ma con una velocità e una portata inferiore. Un conto è la rottura di un argine dai 70 ai 200 metri, un conto è se si rompe per 20-30 metri”.
Prima del 2019 si erano mai verificati eventi di questo tipo?
“No, non c’è memoria di episodi simili. Abbiamo avuto anni in cui l’Idice era in piena, è arrivato anche a 12-13 metri di altezza, ma non ci sono mai state alluvioni come in questi anni. All’epoca era stata aperta la Chiusa di Accursi, l’acqua era defluita ed erano stati allagati i campi predisposti per questo tipo di eventi”.
A livello di lavori che cosa è mancato in questo anno e mezzo?
“Ci sono due problemi principali. Il primo riguarda una cattiva manutenzione ventennale degli alvei. Questo ha provocato il deposito sul fondo di materiale ghiaioso e fangoso che ha provocato l’innalzamento dell’alveo del torrente. Il secondo, ancor più grave, riguarda la mancata pulizia degli alvei dai detriti. Sotto ai ponti ci sono ammassi di legna e rami che determinano il cosiddetto ‘effetto diga’ o ‘effetto tappo’”.
Come stanno vivendo i cittadini questa ennesima ricaduta?
“Sono arrabbiati e frustrati. C’è tanto sconforto. Vogliono risposte dalle istituzioni. È una ’bomba sociale’ che può esplodere in qualsiasi momento”.