Bologna, 13 gennaio 2025 – A Bologna è una domenica mattina atipica rispetto alle altre. È il ‘Day after’ – citando l’omonimo film americano –, il giorno dopo la notte di fuoco e distruzione causata, nella serata di sabato, da alcuni facinorosi lungo il loro passaggio nel centro storico.
Camminando per le vie che i manifestanti hanno colorato di rosso fuoco, sono diversi i pezzi di vetro ancora per terra, i sassi, ogni sorta di oggetto lanciato contro le forze di polizia e i vigili del fuoco. Restano anche i segni tangibili degli scontri avvenuti tra manifestanti e forze dell’ordine in via Farini e in via dei Gombruti, davanti alla Sinagoga; e del passaggio del bellicoso corteo nel Quadrilatero, in via Rizzoli e in piazza Galvani, dove i contestatori hanno infranto le vetrine di Unicredit.
Il corteo di sabato sera organizzato in memoria di Ramy, il 19enne morto a Milano in un incidente mentre scappava in scooter con un amico inseguito da una gazzella dei carabinieri, era partito da piazza San Francesco sotto l’egida studenti medi, con l’adesione dei collettivi Cas e Cua. È finito in un disastro, con un rogo in piazza Verdi. Qui, all’alba del giorno dopo, non resta altro che l’odore acre rilasciato dai bidoni inceneriti e dai fumogeni lanciati dai manifestanti fino alle due del mattino. Perciò turisti e cittadini, passando di lì, si chiedono cosa sia accaduto.
“Non risolveranno niente. Questo non è il modo di far valere le proprie idee”, riflette un ragazzo mentre scatta una foto alla vetrina rotta della filiale dell’Unicredit in via Rizzoli.
La mattina, per l’appunto, è del resto il triste momento della conta dei danni per chi ha subito spaccate o atti vandalici, di chi si è visto imbrattare il muro di casa con scritte inneggianti a Ramy oppure contro le forze dell’ordine. La stima dei danni materiali si prospetta ingente, come presagisce anche il sindaco Matteo Lepore, mentre in molte piazze e strade del centro storico la puzza acre dell’anidride fosforica rilasciata dai fumogeni e delle altre sostanze utilizzate durante la manifestazione si percepisce distintamente.
Lo scenario è catastrofico: “Spero in una giusta punizione, devono pagare”, dice senza mezzi termini un altro cittadino, mentre passeggia sul Crescentone.
“È stata una devastazione non una manifestazione politica. Ci hanno rotto le fioriere, i nostri bidoni pubblici sono saltati per aria. Cosa li ha spinti a distruggere i vetri dei nostri palazzi e dei negozi di cittadini onesti?”, si domanda il portiere di una delle abitazioni affacciate lungo la centralissima via D’Azeglio. La morte del giovane Ramy durante l’inseguimento a Milano, “non è un movente valido per distruggere Bologna – continua il portinaio –. Ora toccherà a noi, gente per bene, sistemare tutto questo disastro”.
Gli fa eco un altro residente – “Le istituzioni hanno promesso che saranno al nostro fianco nella risistemazione, tuttavia ho paura che a pagare questa ennesima scusa per creare il caos saremo noi semplici cittadini”.
Il primo negozio all’ingresso di Galleria Cavour dal lato di via Farini, sulla sinistra, è quello della griffe Louis Vuitton. La boutique ha subìto un atto vandalico, dato che una delle vetrate è stata sfondata. Fortunatamente, non c’è stato alcun furto. Salta all’occhio il fatto che gli obiettivi dei vandalismi siano stati esclusivamente banche, negozi di lusso e bar all’interno di zone di solito tranquille del centro, come piazza Minghetti o appunto via Farini. Viene da pensare dunque che gli obiettivi di tali spaccate fossero prefissati e non casuali. “Può essere”, conviene una commerciante di piazza Galvani. La pensa diversamente invece uno dei baristi del Caffè Zanarini, in piazza Galvani: “Intorno alle 22 hanno spaccato sei sedie e due tavoli, forse perché erano d’intralcio al loro percorso oppure per utilizzarle come arma contro le forze dell’ordine. Perciò mi pare un’azione mirata nei confronti della polizia, più che nei confronti di altri”, conclude.