Bologna, 16 ottobre 2024 – Condanna all’ergastolo, con isolamento diurno per un anno e sei mesi, ma assolto dall’accusa di peculato. È questa la sentenza per Giampaolo Amato, oculista 65enne ex medico della Virtus accusato del duplice omicidio della moglie Isabella Linsalata 62 anni a sua volta medico e della suocera Giulia Tateo di 87 anni. Omicidi commessi con un mix di farmaci.
“Una storia orribile di gente perbene”, l’aveva definita nella sua requisitoria la procuratrice aggiunta Morena Plazzi titolare dell’inchiesta con il sostituto Domenico Ambrosino che aveva chiesto l’ergastolo. E così è arrivato il giorno della verità per il giallo che ha sconvolto Bologna.
Le due donne sono state trovate morte a 22 giorni di distanza l’una dall’altra nell’ottobre 2021, uccise da un cocktail letale di Midazolam (benzodiazepina) e Sevoflurano (anestetico ospedaliero). Oggi, davanti alla Corte d’assise presieduta dal giudice Pierluigi Di Bari le parti hanno replicato alla discussione. Le lacrime dell’imputato: “Mi hanno dipinto come un mostro, un mentitore seriale, un assassino, ma io sono solo un innocente che si rivolge al giudice”. Poi la Corte si è ritirata in camera di consiglio. Dopo sei ore è arrivato il verdetto di condanna.
Soddisfatto l'avvocato di parte civile, Maurizio Merlini, che assisteva la sorella di Isabella Linsalata e figlia di Giulia Tateo, Anna Maria Linsalata. "È arrivato il compimento di un percorso che Annamaria ha iniziato tre anni fa, nel 2021, è stata sempre attenta a chiedere che si accertassero le cause della morte - ha spiegato il legale - senza pregiudizi, senza preclusione, non ha mai avuto preconcetti però mano a mano ci siamo convinti tutti, sempre di più, che il percorso conducesse a questo risultato e oggi arriviamo ad avere una conferma che quello che avevamo visto era corretto".
"Abbiamo lavorato in una situazione non facile come ricostruzione dei fatti. Credo che la decisione che è stata presa sia conforme all'idea a cui siamo arrivati grazie al lavoro dei carabinieri, eccezionale, al lavoro del collega Ambrosino che ha condotto le indagini ma che non è qui presente. Direi con un'attività istruttoria condotta dalla Corte d'Assise con accuratezza, senza lasciare indietro nessun elemento e credo che insomma sia una decisione difficile ma che sia comunque la conferma di un lavoro fatto come richiede il Codice, con tutti i crismi del caso", ha detto la procuratrice aggiunta di Bologna, Morena Plazzi, dopo la sentenza. "Evidentemente il tema centrale di come questi farmaci sono entrati nel corpo di queste due donne è il tema che ha affrontato anche la Corte così come prima della Corte hanno fatto i carabinieri e la procura della Repubblica".
Amato è stato poi assolto dall'accusa di peculato perché il fatto non sussiste. L'accusa della Procura era legata ai farmaci utilizzati per gli omicidi e secondo i pm sottratti all'Ausl. La Corte ha poi riconosciuto alla sorella di Isabella Linsalata risarcimenti per un totale di 750mila euro e al fratello di Giulia Tateo, Nicola, 230mila euro di risarcimenti. Oltre all'ergastolo Amato è stato condannato ad un anno e sei mesi di isolamento diurno, sei mesi in più di quanto chiesto dalla Procura. Le motivazioni saranno disponibili entro 90 giorni.
La Corte d'Assise di Bologna, presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari, ha condannato all'ergastolo, con isolamento diurno per un anno e sei mesi, l'ex medico della Virtus, Giampaolo Amato, per gli omicidi della moglie, Isabella Linsalata, ginecologa di 62 anni, uccisa tra il 30 e il 31 ottobre 2021, e della suocera Giulia Tateo, 87 anni, trovata morta 22 giorni prima della figlia. I delitti sono avvenuti con un mix di farmaci. La decisione è arrivata dopo sei ore di camera di Consiglio.
Katia Monti, avvocato di parte civile per l'Ausl (visto che Amato risponde anche di peculato per i farmaci dei presunti delitti per averli sottratti in uno degli ospedali in cui lavorava come oculista. "Non c’è alternativa: Amato ha rubato quei medicinali in una delle strutture dell’Azienda sanitaria”.
Francesca Stortoni, parte civile per Nicola Tateo: "Dire che Isabella ha dato alla madre Sevoflurano al posto dell’Halcion è come dire che le ha dato cocaina perché ha finito le sigarette. Non sono emersi elementi a sostegno della difesa nel processo. Amato distorce la realtà e falsa a posteriori la voce di sua moglie. Le sue bugie sono evidentissime e clamorose, oserei dire ingiuriose”.
La parte civile per la sorella anna Maria Linsalata: “La vicenda definita “opaca” della bottiglia di vino nel 2019. Non ha senso logico pensare a un complotto di Isabella contro il marito, accusandolo falsamente con le amiche cui confidava di temere che le desse delle sostanze di nascosto, ed è grave sottintendere un complotto di sua sorella nel 2022, che abbia alterato la prova mettendo lei il Midazolam nella bottiglia, farmaco che non è chiaro come avrebbe potuto procurarsi non essendo lei un medico”. In sintesi, Amato “è un bugiardo, che mente sulle “dosi” di emoticon di angioletti che gli manda la moglie e a tutti quelli che gli stanno attorno, compresi forse anche i suoi avvocati”.
La parti civili per la sorella di Isabella Linsalata: “La scena del crimine compatibile con quella di una morte nel sonno. No, proprio quell’eccesso di ordine ci dice che quella non è una scena, ma una messinscena. Tutte le altre scene di persone morte certamente per uso volontario di Sevoflurano sono ben diverse e più scomposte”.
“Il range tossico del Citalopram, farmaco antidepressivo che regolarmente assumeva Isabella, non è chiarito. Ma a noi non importa: ci interessa perché in circolo la donna e sua madre avessero il Sevoflurano che le ha uccise, piuttosto. Il Sevoflurano presente nel corpo di Tateo per un intervento fatto otto mesi o un anno prima della morte? È scientificamente non plausibile. Ed è irragionevole che la figlia, vedendo che la madre ha finito l’Halcion, una benzodiazepina, le dia al suo posto un anestetico ospedaliero pericoloso e poi se ne vada fuori città. E anche l’ipotesi che Isabella fosse dipendente da farmaci anestetici come cura alla depressione non ha plausibilità scientifica, oltre che logica”.
Gli avvocati della parte civile: “Le salite al piano dove viveva la suocera registrate dall’app Salute. Quelle della notte tra l'8 e il 9 ottobre 2021, notte del decesso di Tateo, sono un unicum: mai abbiamo altri movimenti simili registrati dai dispositivi dell’imputato tra mezzanotte e le 5 del mattino, dunque non era sua abitudine fare attività perché insonne, come da lui sostenuto in aula”.
Le parti civili avvocato Maurizio Merlini per la sorella della vittima Anna Maria Linsalata: "Il ragionevole dubbio deve essere basato su elementi sostenibili e desunti da dati acquisiti nel processo, non su congetture, pur plausibili”. Ed elenca uno a uno i dubbi indicati dalla difesa. La difesa dice che c’è differenza tra conoscere la benzodiazepina Midazolam e saperla usare. Può darsi, forse Amato non sa usare gli strumenti specifici per somministrarla in ospedale, ma di certo sa inserirlo in una bottiglia di vino”. Il riferimento è alla prova del Nero d’Avola conservato dal maggio 2019 al 2022 dalla sorella di Isabella dopo che una sera trovò quest’ultima stordita a casa a seguito di una cena col marito, e che analizzato dal Ris di Parma risultò positivo proprio al Midazolam".
Il difensore del medico: “La bottiglia è una prova dalla debolezza incontestabile, la catena di custodia ne vanifica l’utilizzabilità come prova. Giulia Tateo è morta per morte cardiaca, sebbene non dovuta a un problema coronarico. Fu una morte “elettrica”, come rilevato dai nostri consulenti, ma naturale”. “I testimoni che dicono che Isabella assumeva farmaci antidepressivi sono credibili. Era un medico, li assumeva consapevolmente, ma io credo che alla fine questi l’abbiano tradita”.
Così l’avvocato difensore dell'oculista sotto accusa: “Per condannare serve la certezza della colpevolezza, il dubbio dato anche solo da una mera plausibilità giudiziaria deve portare all’assoluzione. Questo processo è altamente drammatico.
Non è semplice, ma può essere risolto in modo semplicistico, se non si cerca una ipotesi alternativa a quella dell’accusa”.
Il difensore in aula: “Questa accusa è stata gestita in maniera acritica e unidirezionale. Amato è innocente e io ne sono convinto, dice la verità. Nessuno ci ha detto come ha somministrato il Midazolam alla moglie e come è morta la suocera. Non sanno come sono morte e chiedono l’ergastolo. Per quelle che con tutta evidenza sono due morti naturali”.
La difesa di Amato: “La questione degli angioletti: è umiliante chiedere l’ergastolo su questa vicenda. Le emoticon di angioletti erano la firma, il sigillo se vogliamo, di Isabella. Ma poi il contenuto dei messaggi non c’entrava con loro. Se voleva farvi riferimento, poi, non usava certo il termine “dosi”. Inoltre, il mio assistito a mia domanda non ha risposto con certezza, ha fornito una ipotesi. Sarebbe perciò un mentitore? Sarebbe l’unica menzogna che ha detto, neppure le parti civili hanno saputo indicarne altre”.
L'avvocatessa Cesarina Mitaritonna che difende Amato col collega Gianluigi Lebro: "Nel 2019 neppure le amiche di Isabella temono che il marito voglia ucciderla, lo si capisce dal loro atteggiamento: nessuna di loro le ha dato credito, ha affrontato Giampaolo, anzi hanno buttato le analisi che dicevano che aveva valori alti di benzodiazepine nelle urine e la sorella Anna Maria continua a farsi visitare da lui”.
Infine, conclude l'accusa, “La suggestione di un contenitore spray con un liquido trasparente come il Sevoflurano immortalato in camera di Linsalata al ritrovamento del corpo è appunto solo una suggestione. Quel flacone pare quello di un normale detersivo per pulire”.
Piange, Giampaolo Amato, alle sue ultime dichiarazioni spontanee: “Sono un innocente che si rivolge al giudice. In vita mia non ho mai commesso reati né son stato violento e ho sempre rispettato la legge e il giramento di Ippocrate. Questa vicenda è una tragedia tra gente per bene, io e la mia famiglia. Mai avrei potuto o voluto fare del male a Isabella, la cui morte è la più grave delle perdite. Non capisco il motivo di tutto quello che mi sta succedendo, a me che non conosco odio, è un dolore immenso. Sono stato descritto come assassino, mostro, mentitore seriale, sono stato umiliato. Ma io ho solo detto la verità, che è una sola. Non ho commesso alcun crimine. Voglio solo riprendere la mia vita ed essere restituito ai miei cari. Ho sopportato abbastanza, pur con dignità".
Il pm: "La difesa sostiene che l’incidente d’auto avuto da Isabella a febbraio, appunto per uno di questi attacchi di sonnolenza, non possa imputarsi al marito perché era in trasferta con la Virtus, con cui all’epoca collaborava. Ma non risulta che il giorno prima lui fosse fuori città, anzi le chat ci dicono che era in ospedale a operare”.
L'aggiunto Plazzi: “Non è vero che è impossibile individuare la causa della morte di Giulia Tateo: i consulenti cardiologi ci dicono che non era a rischio di morte improvvisa e che si può escludere una problematica coronarica”. Sui malesseri di Isabella risalenti nel tempo come raccontato dai testimoni, “è irragionevole il dubbio suggerito di una morta derivata da un effetto non voluto di una dipendenza da farmaci protratta nel tempo da parte di Isabella, sui cui le uniche testimonianze, quelle dei figli, sono estremamente generiche e contraddette in controesame".
Il procuratore aggiunto Morena Plazzi titolare del fascicolo col collega Domenico Ambrosino, ha aperto questa mattina in aula le repliche: “Il ragionevole dubbio e le congetture sono cose diverse. La difesa critica la validità delle registrazioni dell’App Salute di smartwatch e telefono dell’imputato, ma il suo stesso consulente ha confermato la non contestabilità dei dati agli atti”.