CLAUDIO CUMANI
Cronaca

Postorino: "Indago i temi del nostro tempo"

Martedì la scrittrice al San Filippo Neri con l’ultimo libro, ’Nei nervi e nel cuore’. "Scavo dentro me se stessa senza pudore e riserve"

Postorino: "Indago i temi del nostro tempo"

Rosella Postorino ha vinto il Premio Campiello con ’Le assaggiatrici’ (2018)

Che lo si voglia definire saggio o romanzo poco importa. Perché, spiega Rosella Postorino a proposito del suo libro appena uscito, "l’osessione della classificazione è molto contemporanea mentre la narrativa internazionale ci ha abituato all’ibrido. Certe categorie riguardano la letteratura e non i lettori". Diciamo allora che Nei nervi e nel cuore edito da Solferino può essere definito forse un diario pubblico o piuttosto un memoir in forma di saggio (che qua e là non disdegna i toni accesi del phamplet) capace di parlare del nostro tempo e del nostro essere umani. Se ne discuterà martedì alle 18 nell’oratorio San Filippo Neri quando, nell’ambito della rassegna La voce dei libri, l’autrice presenterà il volume in dialogo con Cathy La Torre. È l’evento inaugurale dell’Oratorio, dopo il rinvio dell’incontro con Domenico Starnone. Il titolo del libro riprende una frase del Mestiere di vivere di Cesare Pavese e non è l’unica citazione: scorrendo le pagine si incrociano riferimenti altrettanto alti a Marguerite Duras o a Simone Weil. "Sono i miei autori di riferimento – dice –. In particolare Duras, di cui ho curato alcune traduzioni, è la scrittrice della mia vita". Postorino, sostiene che tutto parte dall’infanzia, ovvero da un apprendistato alla vita spesso incespicante. Dunque, quel tempo resta fondamentale?

"Il bambino non può immaginare una vita infelice perché il destino è imperscrutabile. Ma è dall’Eden dell’infanzia che parte lo sradicamento che diventa l’imprinting dello sguardo sulla vita. Questo sradicamento rappresenta, in senso metaforico, la condizione dell’uomo. Emerge quando si parla di migranti, di maternità o addirittura di Europa. Credo che ognuno di noi abbia la responsabilità di lenire il dolore all’altro".

I critici hanno definito queste pagine una vertiginosa discesa negli abissi dell’interiorità. È d’accordo?

"Si tratta di un’affermazione che vale soprattutto nella prima parte. Espongo me stessa come se fossi un campione dell’umano, scavo senza pudore e senza riserve. Certo, esprimere il dolore è faticoso, bisogna dissociarsi dalla realtà e inventarla. Ma tutto il dolore vissuto è fonte di scrittura".

Scrive di migranti, condizione della donna, bambini incarcerati. Nasce da qui il sottotitolo del suo libro ‘Memoriale del presente’?

"Il libro racconta il tempo che stiamo attraversando e il cortocircuito delle nostre vite con la Storia. È un’indagine su temi del presente che ho trovato incandescenti. Esprimo la mia reazione in presa diretta rispetto alle tante questioni che emergono". Provincia e famiglia sono gli snodi attorno ai quali ruota parte della narrativa italiana. Che ne pensa?

"In realtà io parlo molto di famiglia anche se in modo non rassicurante. Sono gabbie, luoghi della colpa ma anche posti verso i quali si tende. Non mi sento invece scrittrice di territorio, è la condizione umana che mi porta a scrivere".

Ha vinto un Campiello, è stata finalista allo Strega. Servono i premi letterari?

"Sono utili non solo per la visibilità e le vendite ma per il sistema culturale italiano. Grazie a questi riconoscimenti gli autori vengono spesso portati in tour anche in luoghi di provincia che normalmente non sarebbero lambiti da eventi di questo tipo".