REDAZIONE BOLOGNA

"Possiamo ridere anche della morte. Per questo ho scritto ’Cenere’"

Il vignettista Mario Natangelo presenta oggi a FluArt il volume realizzato di getto dopo la scomparsa della madre.

Il vignettista Mario Natangelo presenta oggi a FluArt il volume realizzato di getto dopo la scomparsa della madre.

Il vignettista Mario Natangelo presenta oggi a FluArt il volume realizzato di getto dopo la scomparsa della madre.

"’Cenere’ è un libro che non pensavo di scrivere. Sono appunti presi un po’ alla rinfusa subito dopo la morte di mia madre. Mi è venuto spontaneo pubblicare di getto, quasi immediatamente, il materiale che scrivevo e disegnavo. Poi, mi sono reso conto che forse avevo qualcosa di più da dire, e allora è nato questo volume". Così Mario Natangelo, vignettista del Fatto Quotidiano, descrive la genesi di ‘Cenere’, che sarà presentato oggi alle 18,30 al centro FluArt in via Monte Grappa, in un incontro organizzato da Giorgio Franzaroli, ideatore e direttore del Premio Bertoldo di San Giovanni in Persiceto. Nel libro, Natangelo racconta in modo agrodolce la morte della madre Rita Prisco, per una malattia, a soli 62 anni.

La nostra società mette in piazza l’affettività, i matrimoni, il sesso. Se c’è una cosa che, forse, non è stata ancora sdoganata, è la morte. Il suo libro, invece, ne parla in modo diretto. È stato difficile?

"Ora che è passato un po’ di tempo, riesco a guardare tutto con distacco. Però vedere come molti lettori si siano riconosciuti nelle stesse emozioni, mi ha dato un’enorme forza. Da napoletano, ho un rapporto particolare con la morte. È un concetto che, culturalmente, tendiamo a dissacrare, e dunque mi ha fatto piacere leggere i feedback dei lettori, a cui chiedevo sempre: ‘Vabbé, ma due risate te le sei fatte leggendo Cenere?’. Quando mi dicevano di sì, sentivo di avere raggiunto il mio obiettivo".

Come vignettista, lei è molto commentato in Rete. E insultato dagli haters. Per questo libro ha trovato empatia?

"Gli haters, in un certo senso, sono benzina per il mio lavoro, che consiste in fondo nel ‘lanciare petardi in chiesa’. Con ‘Cenere’ ho affrontato qualcosa di privato, ma anche profondamente universale. Tante persone mi scrivono, raccontandomi le loro esperienze: è stato un grande abbraccio. D’altra parte, gli stessi haters hanno usato il libro per attaccarmi, ma sinceramente non mi fanno né caldo né freddo, solo pena".

Si può ancora fare satira in Italia? E perché non nasce più un giornale come ‘Cuore’?

"Domanda dalle cento pistole: ldirei di no, eppure continuo a farla ogni giorno, con enorme fatica. Non è una questione di censura o di regime, più che altro un problema culturale. Manca un’educazione alla lettura che approfondisca il testo oltre il primo livello".

Cosa pensa di Bologna?

"Mi molto, essendo un grande ammiratore di Andrea Pazienza. Quando vengo qui non faccio altro che cercare tutti i posti e i riferimenti legati a lui, dai ristoranti ai portici. Mi piace molto il legame che Bologna ha con l’autore che ho amato tanto".

Andrea Bonzi