Dalle prime proiezioni, l’astensionismo risulta essere il primo partito in Liguria. In una Regione martoriata negli ultimi giorni dal maltempo, circa il 54% degli elettori ieri ha deciso di disertare le urne. Un segnale di disaffezione nei confronti della politica da non sottovalutare e che, visto il contesto simile – disastri ambientali e
accuse reciproche da parte degli schieramenti opposti – apre un varco al dubbio che lo stesso scenario possa presentarsi in occasione delle Regionali del 17 e 18 novembre in Emilia-Romagna. Ne parliamo con il professore Paolo Pombeni, storico, politologo e editorialista.
Professor Pombeni, secondo lei, è evidenziabile un nesso tra l’astensionismo in Liguria e i gravi danni subiti nei giorni scorsi dalla popolazione a causa del maltempo?
"È sempre più difficile fare previsioni in un contesto in cui tutto è ormai in rapida evoluzione. L’astensionismo è certo un problema fortissimo e anche molto pericoloso in un sistema democratico. L’aspetto grave in questo scenario è che una gran parte della gente pensa che ormai i politici siano tutti uguali. È convinta che la vittoria di una parte piuttosto che di un’altra non cambi più niente nella vita delle persone. Si tratta un orientamento che stupisce in una regione come la Liguria dove c’è una grande contrapposizione politica e dove alcuni partiti come la Lega hanno sempre avuto una forza dirompente".
Quindi nemmeno due candidature di peso come l’ex sindaco di Genova Marco Bucci e l’ex ministro Andrea Orlando, bastano più per richiamare gli elettori?
"Se non c’è un candidato fortemente identitario si fa fatica. Bucci è molto conosciuto, ma soprattutto nel capoluogo, meno in tutto il territorio, Orlando è stato un ministro con un profilo tecnico".
Secondo lei, anche in Emilia-Romagna nelle prossime elezioni, potremmo avere delle sorprese sul piano dell’astensionismo?
"Bonaccini la prima volta fu eletto con una percentuale molto bassa di votanti, intorno al 38%, la seconda volta invece la partecipazione fu decisamente più alta. Si verificarono, va ricordato, anche movimenti che portarono a un’importante mobilitazione di persone come quello delle Sardine. È chiaro che i danni che le persone hanno subito in questi giorni potrebbero avere un riflesso sulla loro scelta di andare a votare e nella disperazione rafforzare il sentimento dell’inutilità del voto, perché chiunque vinca nulla cambierà".
Gli ultimi eventi potrebbero ribaltare i sondaggi?
"Non credo. De Pascale ha già affrontato l’alluvione da sindaco di Ravenna e quindi, agli occhi della gente, ha esperienza. La Ugolini è invece più una candidatura di gestione. D’altra parte è emerso come l’alluvione sia la conseguenza del fatto che qualcosa non funziona nel sistema pubblico e gli elettori si aspettano che chi vince sia in grado di mettere a posto le cose. E si aspettano anche competenze in questo senso".
Ma per combattere l’astensionismo quale potrebbe essere, secondo lei, la soluzione?
"Serve un sistema sociale in cui la gente torni a partecipare, a partire dalle associazioni e dai movimenti di base. Oggi le persone non sono più direttamente coinvolte nella vita sociale, pensano di non poter incidere sulle decisioni. Solo così, con questo cambiamento profondo, si può tornare ad avere voglia di fare politica. E servirebbe anche che, come facevano i vecchi partiti, i politici tornassero ad essere in grado di fare sintesi sui temi nell’interesse generale senza essere vittima degli interessi delle varie corporazioni".