Bologna, 9 marzo 2021 - L’ingegnere aveva suonato il campanello d’allarme due settimane fa, quando le simulazioni anticipavano quello che sarebbe accaduto: senza provvedimenti, il numero giornaliero dei contagi Covid sarebbe raddoppiato, arrivando a quota 800. Parola dei modelli matematici. Sappiamo come è andata, prima la zona arancione scuro, poi la zona rossa, mentre la pressione sugli ospedali si è fatta sempre più pesante.
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Professor Lorenzo Chiari, quando arriverà il picco? "La curva è andata sempre più su e noi abbiamo leggermente sottostimato i contagi perché avevamo inserito nei modelli una presenza della variante inglese del virus al 50%, mentre poi la settimana scorsa è arrivata al 70%. Adesso prevediamo che tra domani e giovedì, ci sarà un cambiamento di tendenza per l’effetto benefico della zona rossa e dell’aumento delle vaccinazioni", risponde il docente di Bioingegneria all’Università e coordinatore del gruppo di lavoro, che si muove in stretto contatto con l’Ausl, formato da venti specialisti dell’Ateneo, tra ingegneri, fisici, informatici e statistici".
Quindi la boccata d’ossigeno nel nostro territorio anticiperà l’inversione di tendenza attesa a livello nazionale dopo il 21? "Sì. Quando i dati salgono, usiamo vari modelli previsionali che si mettono alla ricerca del picco e la vera sfida è riuscire a localizzarlo. Speriamo che non sia cambiata molto la pervasività della variante e che non se ne siano aggiunte altre rispetto alla scorsa settimana: lavoriamo con i dati che ci fornisce l’Ausl ogni sette giorni. Certo, c’è sempre un elemento di incertezza. Le differenze tra i vari territori dipendono dalle politiche adottate, dalla diffusione della mutazione e dal numero degli ospedalizzati che qui ormai ha superato i picchi delle ondate precedenti".
Passiamo ai ricoveri: cresceranno ancora? "Ci aspettiamo che possano arrivare complessivamente a 1.200, con un aumento quotidiano di 50 unità al giorno, come in realtà sta avvenendo. E il picco dei ricoveri si sposta un po’ più avanti, è atteso infatti per la prossima settimana".
Siete in linea con i numeri dei malati negli ospedali? "Per le degenze ordinarie, le nostre previsioni sono risultate esatte. Stiamo osservando, con alcuni modelli, una leggera differenza con il settore dell’area critica, formato da terapia intensiva e semintensiva".
Di quanto? "Ci aspettavamo 20 ricoveri in meno. Sabato i pazienti erano 165 in tutto il territorio dell’Ausl, mentre le nostre simulazioni si collocavano attorno a 145".
Come mai uno scenario diverso? "L’area critica da fine febbraio è andata più velocemente rispetto a quanto previsto. Con l’arrivo della variante inglese è cambiato il quadro clinico dei contagiati, diventato più critico, e ha modificato i bisogni di ospedalizzazione, con un maggiore ricorso alla terapia intensiva, mettendo in difficoltà le strutture sanitarie".
Ci sono modelli previsionali che funzionano meglio? "Stiamo osservando che, nelle terapie intensive, è vincente un modello più semplice, basato su una sola variabile alla volta, ossia i conteggi dei pazienti all’interno dei reparti. Cattura meglio la fase di crescita, senza mettere in relazione il numero dei positivi, la loro età o altre informazioni. Insomma, è meno ricco, ma rende meglio la previsione: con questo modello si sarebbe potuto intuire che la situazione nell’area critica sarebbe andata così come la vediamo oggi".
Che succede con uno scenario in cui la variante inglese è sopra al 70% e in cui sono presenti altre mutazioni del virus, come la brasiliana, tra l’altro già comparsa? "Non abbiamo ancora fatto questo studio. Speriamo che nel frattempo la situazione non sia molto cambiata".