Nonostante il viaggio dello scorso giugno in Terra Santa, il primo dopo i fatti del 7 ottobre, avesse dimostrato che era possibile riprendere i pellegrinaggi, fonte di sostentamento decisiva per territori come Betlemme, nessuna altra iniziativa aveva replicato quella inaugurata dalla Arcidiocesi di Bologna e dalla Petroniana viaggi.
Almeno fino a ieri mattina, quando la Chiesa del capoluogo emiliano-romgnolo ha organizzato il secondo pellegrinaggio di comunione e di pace. Il primo contò 160 partecipanti, questo una ventina, ma spirito e obiettivi sono gli stessi. Come anche la sua valenza simbolica.
"Mi ha molto impressionato quando all’arrivo la guida palestinese che ci ha dato il benvenuto ci ha detto ‘bentornati: dopo il vostro pellegrinaggio del giugno scorso non ce ne sono stati più. Siete il primo dopo l’estate scorsa’. Questo fa capire quanto sia importante venire, venire di persona, per incontrare queste persone e comunità, e vivere qui il dramma di questa terra", racconta monsignor Stefano Ottani, vicario generale della Arcidiocesi di Bologna, tra i pellegrini sbarcati ieri a Tel Aviv e subito arrivati a Gerusalemme, prima tappa di una serie di incontri.
Il secondo pellegrinaggio segue le ‘orme’ e lo stile del primo: una visita alle persone e alle comunità locali, più che alle pietre e ai luoghi. Persone e comunità perchè, continua Ottani, sono loro che fanno "capire il significato di questi luoghi, ma un significato vissuto anzitutto nella fede e nella loro testimonianza e oggi in questa attualità così drammatica".
Ancora una volta, come nella prima occasione, l’Arcidiocesi di Bologna ha accolto l’appello del patriarca di Gerusalemme, Pier Battista Pizzaballa che i pellegrini incontreranno.