Torna a Bologna dopo lunga assenza il controtenore Raffaele Pe, che con il suo gruppo La Lira di Orfeo si presenta per la prima volta nel cartellone di Musica Insieme (domani, Auditorium Manzoni, ore 20,30). E vi torna con la nomea di Baroque Star. "È un’etichetta – sorride Pe – che mi fu affibbiata da Hugh Canning, critico di The Sunday Times, e che da allora mi porto dietro. Io mi limito a diffondere il repertorio così ricco e interessante della musica barocca italiana, facendolo conoscere e apprezzare come uno dei momenti più alti della cultura europea. E credo che sia questa la missione di una star, oggi: non limitarsi a esecuzioni impeccabili, ma portare la musica ben oltre il pubblico degli appassionati, perché la riteniamo un prodotto culturale rilevante, degna di essere conosciuta da tutti".
Per raggiungere una tale visibilità, è necessaria anche una attenta azione di marketing?
"Sicuramente è un percorso che non si fa da soli, ma attraverso un gruppo che crede in uno stesso progetto; e quando il progetto è artistico e di pregio, le persone si appassionano per aiutarlo a crescere. Devo dunque ringraziare il team della Lira, con cui lavoro quotidianamente, e il management che si occupa della comunicazione".
Controtenore, falsettista, o altro?
"Io sono contento se mi chiamano controtenore, perché è un termine che rimanda a modelli molto antichi, alla polifonia rinascimentale. Chi ancora pensa, col falsetto, di emulare i cantanti castrati del Barocco, commette un falso storico, mentre le radici nobili del controtenore stanno più addietro. Poi è vero che con quella vocalità rinascimentale finiamo per cantare proprio l’opera barocca scritta per i castrati; ma possiamo considerarlo lo sviluppo che l’antico registro del controtenore ha subìto nella storia della musica più recente, entrando definitivamente nel mondo del teatro".
Fra i tanti falsettisti oggi in carriera, si sono delineate linee stilistiche differenti?
"I maestri sono sempre un importante riferimento, ma per quanto ci si sforzi a scimmiottarne l’esempio, si finisce poi sempre a creare qualcosa di nuovo, connessa alla specificità del proprio corpo (gestione muscolare, faringe, ecc.). C’è stata per alcuni la ricerca di un suono purissimo, etereo; per altri l’apertura di forza verso le vette più acute; io mi trovo a mezza via, portato alla ricerca di un suono più scuro, più rotondo, ma perseguendo sempre un effetto di facilità e naturalezza: in altri termini, un suono italiano".
Il concerto di domani?
"È un ritorno a Vivaldi e alle sue cantate, che contraddistinse l’inizio del mio percorso. Le cantate ebbero un rilievo non inferiore all’opera, benché oggi considerate genere di puro intrattenimento. In esse Vivaldi traspone sulla voce la ricerca virtuosistica che stava compiendo sugli strumenti. Nell’ascolto, l’importante è lasciarsi prendere dall’affetto musicale, senza preconcetti".