BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Patzak e il film di Diritti "Ha vinto il trasformismo"

La costumista ha curato gli abiti di ‘Lubo’, presentato alla Mostra di Venezia

Patzak e il film di Diritti "Ha vinto il trasformismo"

di Benedetta Cucci

La loro collaborazione è iniziata con Volevo nascondermi, anche se sarebbe dovuta cominciare con Lubo. Invece, la storia tratta dal libro Il seminatore di Mario Cavatore è stata rimandata nel tempo e proprio ieri l’ultimo film di Giorgio Diritti, con i costumi curati dalla "bolognese" Ursula Patzak (tedesca di nascita, concittadina da decenni) è approdato a Venezia. Per il regista bolognese si tratta della prima volta al Lido, in concorso; per Patzak, invece, la mostra del cinema è un po’ casa: qui il suo lavoro prezioso ci è arrivato tante volte. L’ultima nel 2022, con Ti mangio il cuore di Mimmo Mezzapesa.

Patzak, come è avvenuto l’incontro con Giorgio Diritti?

"L’incontro, essendo tutti e due di Bologna, è avvenuto nel giro dei cinematografari di qui, ci conoscevamo di nome e di lavoro, i suoi film mi hanno sempre emozionata. La cosa bella della nostra città è che è facile incontrare persone anche fuori dai contesti professionali, ci si ferma a parlare e da cosa nasce cosa".

Per Lubo, che immaginario stilistico le è stato chiesto?

"Innanzitutto il contesto è quello di una comunità di zingari bianchi in Svizzera alla fine degli anni Trenta e l’ambiente è quello di nomadi, gente che vive sui carri, un mondo che non conoscevo. Al centro della storia e del mio lavoro c’è la grande trasformazione di Lubo, interpretato da Franz Rogowski, un artista di strada che si finge ricco e si inserisce in quell’alta società di cui ha imparato i rituali. Il trasformismo è la sua peculiarità, anche quando fa finta di essere una donna, con orecchini, trucco, pochi dettagli che indirizzano subito l’immaginazione dello spettatore. Poi viene chiamato dall’esercito elvetico e anche questa volta si trasforma in qualcun altro. Quindi per lui c’è stato un bello studio riassunto in circa undici cambi".

Qual è l’elemento che porta le scene ad avere il segno estetico inconfondibile di Diritti anche nei costumi?

"Giorgio è un poeta, anche nel raccontare le cose. E con i costumi e le scenografie cerchiamo di raccontare una poesia, creare dei quadri tra i colori e tutto il resto. Come nel caso di Martone, con cui lavoro da anni, devi credere a quello che sta succedendo nell’ambito di una poetica pittorica".