di Federica Orlandi
Per un mese, l’ha denunciato tutti i giorni. Fino ad arrivare a ben 35 denunce per stalking. Tutto perché l’ex marito, australiano di 40 anni, cercava disperatamente di vedere il figlio di due (ora quattro) anni, cosa che lei, bolognese coetanea, gli impediva di fare dopo la separazione e il trasferimento a casa dei nonni: nell’appartamento di fronte. Nello stesso palazzo. Così il padre, non avendo risposte a messaggi e telefonate, cercava di intercettare il piccolo sul pianerottolo, per poterlo almeno salutare. Da lì le denunce.
Ora però l’uomo, difeso dagli avvocati Graziana Lombardi in sede penale e Rita Ronchi nel civile, è stato assolto con formula piena: il fatto non sussiste. Nessuno stalking. Restano però due anni in cui ha potuto vedere il suo bimbo solo sei ore a settimana. Il quarantenne è stato invece condannato a due mesi (pena sospesa) per lesioni al suocero, con cui è venuto alle mani durante una lite. "Faremo appello – attacca l’avvocato Lombardi –, la dinamica di quest’aggressione è ben diversa da quella riportata dalla vittima: una registrazione prova come sia stato un gruppo di parenti della ex moglie ad assalire il nostro assistito, il quale cercava di difendersi mentre il suocero veniva incitato da un’altra persona che gli urlava ’ammazzalo’". A seguito di questo fatto, il 40enne (che parla pochissimo l’italiano) era stato arrestato e aveva ricevuto la misura del divieto di avvicinamento, durata fino alla sentenza.
Tutto inizia nel 2021. La coppia si trasferisce in Italia da Dubai, dove lavorava, per trascorrere il lockdown con il bimbo piccolo vicino alla famiglia di lei. La convivenza forzata e la depressione post partum della donna (confermata dai medici e dal lei stessa, in dibattimento) mettono però in crisi la coppia, che decide di lasciarsi. Sembra inizialmente che il piccolo resti col papà, ma poi la mamma lo porta con sé. La successiva raffica di denunce fa sì che né autorità giudiziaria né servizi sociali si possano prendere la responsabilità di riaffidare il figlio al padre, che fino ad allora se ne era occupato quasi esclusivamente date le condizioni della moglie.
Questo nonostante il consulente tecnico nominato dal giudice civile avesse riscontrato nella donna un "disturbo dell’adattamento" che la portava a una "dispercezione della realtà" e a "esasperare" alcune situazioni della sua vita. Adesso gli avvocati pensano pure a querelare la donna per calunnia. "Chi restituirà questi anni persi a un papà e suo figlio? – domanda l’avvocato Ronchi –. Lei diceva di avere paura dell’ex e perciò l’asse degli accertamenti si è spostato: il benessere del bimbo è passato in secondo piano. Non può funzionare così".