BEATRICE BUSCAROLI
Cronaca

Paolini, nuove opere per riflettere la bellezza

Alla G7 il maestro presenta ’Un posto vuoto’, dove indaga antiche tracce attraverso citazioni e decostruzioni concettuali

Paolini, nuove opere per riflettere la bellezza

L’artista Giulio Paolini espone da oggi i suoi ultimi lavori alla Galleria G7

In un’intervista rilasciata nel 2022, Giulio Paolini (Genova, 1940) ha affermato: "Autore e spettatore sono abitanti dello stesso spazio e quindi sono l’osservatore posto di fronte all’immagine. O, se si vuole, sono anche l’immagine osservata dal personaggio del quadro". Il riferimento è ad una delle sue opere più significative e inquietanti, ’Giovane che guarda Lorenzo Lotto’, del 1967: la riproduzione fotografica su tela del ’Ritratto di giovane’, eseguita dal maestro veneziano nel 1506. Dipinto “rivisitato” nel 1981, ’Controfigura’ (critica del punto di vista) è un fotomontaggio nel quale gli occhi del giovane sono sostituti da quelli dello stesso Paolini.

È una sorta di cortocircuito per avvicinarsi all’enigma che investe l’arte, poiché essa "non si preoccupa dell’osservatore, l’arte non osserva, l’osservazione è a senso unico, è lo spettatore che la guarda. Nella mia idea l’arte non ha nessun obbligo, va per conto suo".

Negli anni Ottanta, Paolini approfondisce il tema del rispecchiamento, del ribaltamento, del doppio, dando vita a complesse installazioni realizzate con calchi della statuaria classica, leggii, cornici vuote, sedie, libri.

La citazione, come il frammento o la rievocazione, sono strumenti per mettere in scena il suo personale teatro della rappresentazione artistica arricchito da miti e memorie.

Sono tracce antiche quelle che indaga Paolini, come antiche sono le relazioni che uno dei maestri più raffinati dell’investigazione “concettuale” ha intrattenuto con la Galleria G7, dove ora presenta ’Un posto vuoto’ (con un testo di Marina Dacci, aperta da oggi).

Regista acuto anche negli allestimenti della proprie mostre (forse "l’ultima", aggiunge, spiegando l’attuale), Paolini espone quattro nuove opere: al centro della galleria, ’Ultimo modello’, vero e proprio cantiere di un’opera mai conclusa, dove si accumulano frammenti di riproduzioni fotografiche ("una stanza di casa mia, metafora dell’essere esule" spiega); ’L’Efebo’, ossia quattro calchi in gesso del busto di Efebo, evocazione simbolica della bellezza corporea; ’Vertigo’, altro calco dell’amatissima Ebe di Antonio Canova, vista di spalle, ad indicare lo slittamento verso una dimensione ignota della bellezza, terrena e ineffabile, contingente e assoluta.

Di fronte a Vertigo è collocata l’Estasi di San Sebastiano, riproduzione di un lavoro del ferrarese Lorenzo Costa – 1490 circa – iscritta in una cornice dorata, ma trafitta da una matita, strumento del ’martirio’ dell’artista costretto a rinnovare lo sforzo di stabilire un contatto con la stessa pratica dell’arte.

Forse l’enigma autentico dell’arte è nella sua stessa storia, enfatizzata dall’esposizione: individuare uno spazio e renderlo conoscibile attraverso opere che già lo occupano, o che ne parlano.

"L’opera – spiega ancora il Maestro – è un’eco di qualcosa che esiste già, o esisterà. L’artista si deve limitare a dire cose che ha ricevuto in dono, unendo una traiettoria millenaria all’oggi, al domani".