Bologna, 5 ottobre 2022 - "Mi chiamo Pamela Andress e questo evento ha fatto cadere quel muro di pregiudizio del mondo Lgbtqi..." Cinquant’anni di Salvador de Bahia, di professione stilista e organizzatrice di eventi, si presentava così sui social. "Stilista e organizzatrice di eventi" ma con l’hobbie dei ritocchi estetici fai da te a casa di chi ne faceva richiesta. Come accadde il 21 aprile a Maranello a Samantha Migliore, 35 anni e madre di cinque figli, morta poco dopo le iniezioni dell’amica trans la quale dal 13 maggio si trova agli arresti domiciliari perché, chiosò il gip, "è troppo alto il rischio che possa sottoporre qualcun altro a un ritocco estetico abusivo".
Adesso per lei, con l’inchiesta ’sigillata’, la Procura di Modena ha chiesto il giudizio immediato con udienza fissata il 24 novembre. Lunga la lista degli addebiti che le contesta il pm Pasquale Mazzei: morte come conseguenza di altro reato, omissione di soccorso, esercizio abusivo della professione di estetista. "La mia assistita – spiega l’avvocato Francesco Andriulli – ha sempre collaborato, ribadendo di non essere mai fuggita". Per 24 ore da quei fatti, risultò latitante per poi chiamare il legale e farsi accompagnare dai carabinieri a Cento (Ferrara) per costituirsi. Napoletana d’adozione (di Giugliano), con qualche puntata a Bologna dove aveva un punto d’appoggio, 52 anni compiuti a luglio, conosceva la Migliore da qualche tempo. "Stiamo facendo analisi sul telefono di Samantha – puntualizza l’avvocato Daniele Pizzi per Antonio Bevilacqua, compagno della vittima – per capire come è avvenuto l’accordo tra le due donne. Mentre resta il giallo degli apparecchi della Andress, mai ritrovati".
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Era il 21 aprile quando Samantha si presentò nella sua abitazione di Maranello, in via Vespucci, in compagnia di Pamela per sottoporsi a un trattamento al seno con iniezioni di silicone. "Un intervento – scrive la Procura – di mastoplastica additiva, con modalità vietate perché altamente pericolose". La 35enne si sentì subito male, per poi morire tra le braccia del marito. "L’ho vista salire in camera con quella signora – disse Bevilacqua –, mi fecero impressione le grosse siringhe infilate sotto il seno, parte del quale era parecchio gonfio". Pamela chiese all’uomo "di tagliare a metà una bottiglia di plastica perché doveva metterci dentro del silicone", contenitore poi ritrovato e con il liquido dichiarato compatibile con quello nel sangue della vittima. "Dopo un po’ – aggiunse Bevilacqua – ho sentito mia moglie urlare: ’Amore, non sto bene’. Mentre quella donna ha detto solo una cosa: ‘Devo fare una chiamata’. Mi ha lasciato Samantha tra le braccia… morta. Poi non l’ho vista più".
Per la pubblica accusa, l’imputata avrebbe "cagionato, quale conseguenza non voluta, la morte della Migliore", provocata da "un’insufficienza cardiocircolatoria acuta da embolia polmonare secondaria". Gli ultimi dubbi vennero spazzati via dall’autopsia che rivelò una "quantità abnorme di silicone nel sangue" della modenese. "Da parte nostra – chiude l’avvocato Pizzi – c’è grande desiderio di verità e giustizia. E la richiesta del processo è l’ennesima conferma che Samantha è deceduta in conseguenza di quelle iniezioni".