CHIARA CARAVELLI
Cronaca

"Ora i Savi possono tornare liberi. Abbiamo paura"

Il presidente dell'associazione delle vittime della Uno Bianca esprime preoccupazione per la possibilità che i fratelli Savi, autori di numerosi crimini, possano tornare liberi. La banda ha seminato terrore tra Emilia-Romagna e Marche, e la prospettiva della loro liberazione suscita timori di nuove minacce

"Ora i Savi possono tornare liberi. Abbiamo paura"

Un’immagine recente di Roberto Savi, il capo della banda

Bologna, 15 ottobre 2024 – "Ci sono persone che li hanno visti uccidere, la possibilità che tornino liberi è una paura forse irrazionale, ma che sicuramente c’è. Per la maggior parte dei nostri associati è incomprensibile pensare che i fratelli Savi circolino di nuovo liberamente". A parlare è il presidente dell’associazione delle vittime della Uno Bianca, Alberto Capolungo, presente domenica nell’area monumentale di via Lenin, a Bologna, dove si è svolta la cerimonia per ricordare i morti e i feriti provocati dalla banda. Quest’anno ricorre il trentennale della cattura di Roberto, Alberto e Fabio Savi, avvenuta nel tardo pomeriggio del 21 novembre 1994 con una serie di arresti, "che hanno posto fine a sette anni di terrore". Tra il 1987 e il 1994 la banda della Uno Bianca (che oltre ai fratelli Savi ha visto la partecipazione anche degli agenti di polizia Marino Occhipinti, Luca Vallicelli e Pietro Gugliotta) ha commesso 103 crimini, provocando la morte di 24 persone e il ferimento di altre 114. Per Capolungo, si tratta di "una ricorrenza che appaga la sete di giustizia delle vittime e delle istituzioni, ma che si annuncia come l’inizio di un altro, per noi, spiacevole risvolto. Una serie di leggi, e addirittura l’articolo 27 della Costituzione, acconsentono a che i Savi possano tornare liberi. Sarà il giudice dell’esecuzione della pena a stabilire eventuali misure di sicurezza che chiediamo".

Una paura, quella degli associati, probabilmente legata anche al pericolo di possibili ritorsioni, ma che in generale deriva dal terrore che la banda ha seminato tra Emilia-Romagna e Marche nel corso dei sette anni di attività. "Non si è scoperto – sottolinea il presidente dell’associazione – un legame con il terrorismo politico, ma l’effetto terroristico di questa banda è stato evidentissimo. Ha cambiato il modo di percepire Bologna e le altre città, la loro società e la loro sicurezza. In quegli anni si aveva paura di andare a fare la spesa al supermercato, di fare benzina, di andare alle Poste. La loro uscita dal carcere farebbe ritornare quella paura, almeno in molti di noi. Non hanno mai mostrato un minimo di pentimento, è difficile poter ammettere che diventino dei liberi cittadini". Intanto, nelle scorse settimane, la Corte di Cassazione aveva respinto il ricorso con cui Fabio Savi, detto il ‘lungo’ e rinchiuso nel carcere di Bollate, cercava di uscire temporaneamente dalla cella.