NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Operazione antidroga al Pilastro di Bologna: arrestati Di Martino e complici per spaccio di cocaina

La Squadra mobile arresta 22 persone, tra cui Di Martino, per spaccio di cocaina e tentato omicidio a Bologna

La polizia mercoledì mattina durante il blitz anti spaccio al Pilastro

La polizia mercoledì mattina durante il blitz anti spaccio al Pilastro

Bologna, 13 dicembre 2024 – "Io per 70mila euro non guardo neanche mia mamma" diceva Mario Di Martino, rivolgendosi a Ossama Soltami. Il giovane tunisino faceva da intermediario tra il ‘capo’ e i fratelli Abidi, che avevano appena subito il furto di due chili di cocaina e, per questo, non erano in grado di pagare Di Martino.

La conversazione era stata captata dalla Squadra mobile il 22 maggio del 2021, undici giorni dopo il tentato omicidio in via Natali al Pilastro, di Anas K., il marocchino ritenuto autore del furto di quella ingente partita di droga.

La frase, agli atti dell’inchiesta che, mercoledì, ha portato alla Dozza 22 persone, è rappresentativa dello spessore criminale di Di Martino e dei suoi quattro fedelissimi: Matteo Falcone, Michael Barone, Sebastiano Paris e Francesco Di Coste, tutti adesso in carcere. Spacciatori caratterizzati, come riassume la gip Maria Cristina Sarli, da una "temibile professionalità a delinquere". La cui "elevata pericolosità sociale" sarebbe denotata dalla "stabilità delle loro attività criminali", dalla scelta di comunicare solo utilizzando chat criptate di ultima generazione analoghe a quelle "comunemente utilizzate da organizzazioni criminali ben strutturate", dalla "facilità e frequenza" con cui gli indagati riuscivano a rifornirsi di importanti quantitativi di cocaina.

"Allarmante" scrive la gip il fatto che né le precedenti limitazioni della libertà subite dagli indagati, né arresti e sequestri nel corso delle indagini e neppure il ritrovamento di cimici, "non abbiano prodotto alcun effetto deterrente". Una circostanza che appare "significativa sia della capacità degli indagati di sapersi riorganizzare, sia della particolare intensità del dolo".

Come sottolineato dalla gip, anche il modo di comunicare utilizzato dagli indagati mostra la loro professionalità e prudenza. In particolare, Di Martino e compari prediligevano i sistemi di messaggistica criptata come Wickr, oltre a triangolazioni telefoniche. E, quando non erano troppo ‘rilassati’ usavano anche un linguaggio criptato: i chili di coca erano ‘pappardelle’, le partite di marijuana ‘palle’, l’eroina era invece il ‘caffè’. Parole inserite, però, in contesti chiaramente di spaccio, intercettate tramite cimici sistemate negli scooter e sulle macchine degli spacciatori. Di Martino si era accorto di averne una, lo aveva detto ai suoi fornitori albanesi: loro erano tornati nel loro Paese per evitare l’arresto. Di Martino ha continuato a fare il suo mestiere, fino all’arrivo della polizia.