REDAZIONE BOLOGNA

Operato per alluce valgo. Ma ha perso piede e gamba

Operato per alluce valgo. Ma ha perso piede e gamba

Era una semplice operazione di correzione dell’alluce valgo. Per un uomo di 77 anni, invece, si è trasformato in un calvario che ha portato all’amputazione del piede sinistro e della gamba destra. Aveva infatti alcune patologie che non furono riscontrate, il 23 novembre 2016 e che avrebbero portato a una controindicazione dell’intervento il quale ebbe esiti disastrosi, unito a un’infezione contratta in sala operatoria. È per questo che tre strutture ospedaliere sono state condannate a risarcire l’uomo e i suoi due figli, in misura diversa, da un giudice di Bologna il quale, anche sulla scorta di una consulenza tecnica d’ufficio, ha rilevato come l’operazione sia stata eseguita senza procedere ai "necessari e doverosi accertamenti angiologici" nella casa di cura Villa Erbosa "dove peraltro il paziente contraeva un’infezione" poi "non adeguatamente e tempestivamente curata dai sanitari". All’Istituto Humanitas Mater Domini di Castellanza, in provincia di Varese, si contesta la tardiva individuazione del quadro settico e il tardivo ricovero dopo un accesso al Pronto soccorso quando la situazione era già grave. "L’evoluzione negativa delle condizioni del paziente in seguito registratasi, culminata dapprima con l’amputazione del piede sinistro e poi della gamba destra, trova dunque origine nelle condotte negligenti attuata dalle due strutture", scrive il giudice. In questa sequenza già in atto "si è innestato il contributo dell’allora Asst di Monza ospedale San Gerardo (ora Fondazione San Gerardo dei Tintori, ndr) che, omettendo di intervenire in modo tempestivo e adeguato, ha contribuito all’epilogo del decorso clinico con l’amputazione dell’altro arto". Era stato una prima volta dimesso con la prescrizione di un farmaco "sostanzialmente inutile" e le sue condizioni erano peggiorate. Con l’uomo, assistito dall’avvocato Giuseppe Badolato, sono stati risarciti anche i due figli, uno, in particolare, quello che l’ha assistito più da vicino, per il peggioramento delle sue condizioni di vita. Il giudice sottolinea anche come gli ospedali chiamati in causa non si siano presentati al tentativo di mediazione "determinandone il fallimento, senza addurre alcun giustificato motivo che non può essere ravvisato nella ritenuta infondatezza della domanda" del paziente rimasto invalido che si è visto riconoscere un danno biologico permanete incrementato dalla sofferenza morale.