Bologna, 21 maggio 2024 – Sarà conferito domani l’incarico per l’autopsia sul corpo di Sofia Stefani. L’accertamento irripetibile verrà affidato dal procuratore Stefano Dambruoso al medico legale Arianna Giorgetti.
Dall’esame ci si aspettano chiarimenti non tanto sulle cause, ben chiare, della morte della vigilessa, uccisa giovedì scorso, a 33 anni, nel comando della polizia locale di Anzola da un colpo esploso dal suo ex comandante Giampiero Gualandi, con cui aveva avuto una relazione. Bensì, chiarimenti sulla dinamica di quanto accaduto: se si è trattato, come sostiene Gualandi, di un tragico incidente; o se l’uomo abbia agito con consapevolezza, carico di rabbia ed esasperazione. Il sessantatreenne è adesso detenuto al reparto di infermeria della Dozza, controllato costantemente dalla polizia penitenziaria.
Intanto, ad Anzola gli uffici della polizia locale sono stati momentaneamente chiusi e il servizio spostato in un ufficio dedicato in Comune. Lo ha disposto, con un’ordinanza apposita, il sindaco Giampiero Veronesi. "La chiusura permarrà sino al dissequestro e per tutto il tempo occorrente al ripristino funzionale degli stessi", si legge in una nota. Ad Anzola lo sgomento e la commozione sono grandi, mentre i carabinieri, tra chat e testimonianze, cercano di dipanare le ombre di una vicenda tragica.
La versione fornita da Giampiero Gualandi, difeso dall’avvocato Claudio Benenati, non ha convinto i militari del Nucleo investigativo e il pm Dambruoso. Le chiamate prima del delitto. La pistola d’ordinanza ritirata allo scopo di pulirla in vista di un’esercitazione al poligono. Esercitazione che, però, secondo quanto emerso, non era prevista. Poi la lite e la colluttazione che, secondo le testimonianze di chi era presente al comando di Anzola, non sarebbero state sentite: nessuna voce concitata o trambusto sarebbe arrivato nell’ufficio di Gualandi.
Stando al racconto del sessantatreenne, tra lui e Sofia ci sarebbe stata una relazione sentimentale che lui considerava finita, ma che lei avrebbe voluto portare avanti. Un’insistenza che, nei mesi scorsi, aveva portato anche la moglie dell’indagato ad avere un confronto con la giovane. Alla luce di quanto emerso da una prima analisi dei cellulari, tutto questo aveva creato in Gualandi una condizione di forte stress: "non sto bene", avrebbe scritto in alcuni messaggi. Uno stato di esasperazione che potrebbe aver portato l’uomo a uccidere la giovane Sofia? Un altro punto da chiarire, attraverso la perizia balistica che verrà effettuata sull’arma, è come sarebbe partito quell’unico colpo. La precisione dello sparo, infatti, non sembrerebbe coincidere con quanto dichiarato finora dall’indagato.