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Omicidio al veleno Bologna, il papà: "Credo a mio figlio Leon, non è un assassino"

Parla il padre del ragazzo in cella. "La verità è altrove, ecco i messaggi che lo dimostrano"

Nel riquadro, Alessandro Leon Asoli

Bologna, 19 marzo 2022 - "Credo a mio figlio e non a Monica Marchioni. Per mesi è stata raccontata solo e sempre la versione di lei che descrive Leon come un mostro". Alessandro Leon Asoli, oggi 20 anni, da trecento giorni si trova in carcere per aver avvelenato e ucciso il patrigno, Loreno Grimandi, e aver tentato di fare lo stesso con sua moglie nonché sua madre Monica. Era il 15 aprile scorso, Ceretolo di Casalecchio, quando "insistette – dirà la donna agli inquirenti – per preparare la cena e non volle che io e Loreno ci avvicinassimo alla cucina".

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Penne al salmone, il piatto, ma con aggiunta di nitrito di sodio. Letale per il 56enne mentre lei finì in terapia intensiva ma si salvò. Ora però Davide Asoli, papà di Leon, "con carte e documenti alla mano", decide di parlare per la prima volta per gridare con forza che "mio figlio è innocente" e la verità da ricercare sarebbe tutta un’altra. Il processo è iniziato un mese fa, un’udienza a settimana ma è stata l’ultima di mercoledì ad infuocare gli animi.

Il giorno della struggente testimonianza di Monica Marchioni ("dopo avermi avvelenato mi ha aggredito e mi diceva perché non muori nemmeno con il veleno?"), parte civile, contestata ora dal suo ex compagno (una relazione durata oltre un anno) e papà dell’imputato. "Voglio raccontare chi è mio figlio – scrive Davide Asoli in una lunga lettera – che non perdo mai occasione per andare a trovare in carcere".

Un ragazzo difficile, Leon, che pensava al suicidio e ci provò in un’occasione, e "che non ascoltava più nessuno e faceva tutto di testa sua", dirà nonna Marisa davanti all’Assise. "Ma in questi anni – replica il padre, già ascoltato dalla Corte – Monica ha sempre cercato di allontanare da me".

"In crisi"

Negli ultimi mesi, riprende, "lei ha rilasciato interviste descrivendo Grimandi come il grande amore della vita, di cui Leon lo avrebbe privato". Un rapporto che invece sarebbe stato "in crisi", come emergerebbe da una serie di messaggi che l’avvocato dell’imputato, Fulvio Toschi, ha letto durante l’udienza. "Diceva che il matrimonio era a rischio", riprende il padre che ricorda le parole di nonna Marisa che accolse Leon dopo la tragedia. "Ho aggredito la mamma – disse all’anziana – perché ha avvelenato Loreno". Tesi che la Procura ha però sempre rigettato, dimostrando come il giovane avesse studiato il piano a tavolino, informandosi sui veleni e acquistandoli online.

I messaggi

È il 15 marzo, un mese prima dell’omicidio, quando dal telefono di Monica partono messaggi alla madre, letti mercoledì in aula. "Ma con la separazione dei beni se ci dividiamo Lollo non deve darmi il mantenimento vero? Anche se non lavoro?". Marisa: "Non credo proprio perché siamo già a quei livelli". Monica:"Fra poco siamo a quei livelli con tutti. Appena Titti (il cane anziano, ndr) se ne va. Quindi devo solo augurarmi che muoia o la scelta è l’omicidio. Per avere un mantenimento". Messaggi duramente rimandati al mittente dall’avvocato Gabriele Giuffredi per la vittima: "Cose che non servono a nulla. C’è un processo a carico del ragazzo per omicidio e tentato omicidio, mentre Marchioni è la vittima. Frasi estrapolate dal contesto, senza sapere il prima e il dopo".

Ma papà Asoli rincara la dose: "Monica aveva riferito che Leon tentò di soffocarla premendole il ginocchio sul collo ma in seguito disse che non era vero. Come possibile?". E ancora: "Ha dovuto ammettere che sapeva che quella sera in casa c’erano dei veleni come il clochino e il nitrito di sodio, affermando poi che si rese subito conto che le penne sapevano di ammoniaca. Ma è emerso che quando Loreno si alzò da tavola dicendo di stare male e buttandosi sul divano, lei anziché chiamare i soccorsi iniziò a prenderlo in giro. Con i veleni in casa – chiude – e un figlio che le aveva manifestato in passato di volersi suicidare".