Bologna, 22 gennaio 2024 – “Giovanni Padovani voleva ridurre Alessandra Matteuzzi a un burattino senza un’anima, un pupazzo nelle sue mani”. “No, Padovani non era lucido al momento del delitto: ha avuto una reazione irrefrenabile, proiezione di un disturbo psichico fino a quel momento latente”.
Parti civili e difesa schierati, questa mattina, al processo per il femminicidio di Alessandra Matteuzzi, 56 anni, ammazzata a martellate, calci, pugni e colpi di panchina sotto casa sua il 23 agosto 2022. A ucciderla, il suo ex compagno Giovanni Padovani, 28 anni, che ora risponde di omicidio aggravato da legame affettivo con la vittima, stalking, premeditazione e futili motivi.
Ad aprire l’udienza, l’arringa dell’avvocato Antonio Petroncini, parte civile per conto della madre e della sorella di Alessandra. Il legale ha ribadito “l’ossessivo controllo” che Padovani pretendeva di esercitare sulla vittima durante la loro relazione, fino a renderla “un burattino, un oggetto, proprio come gli antichi romani intendevano gli schiavi”. Aspetto che delineerebbe le aggravanti di stalking e di motivi abietti e futili, così come le numerosissime ricerche su Google in cui l’imputato, già un mese prima del delitto, si documentava su “delitto perfetto”, “spranghe” e “fuggire all’estero senza passaporto”, fossero il suo modo di “coltivare e cullare l’omicidio nella sua mente”, premeditandolo sebbene ‘condizionandolo’ al comportamento della donna, lasciata in vita finché disposta a sottostare alle ‘regole’ del compagno. Regole quali chiamarlo ogni 10 minuti, farsi un video e inviarglielo in ogni momento lui lo chiedesse, cancellarsi dai social.
Dopo le parti civili costituite dai quattro centri antiviolenza Udi, Casa delle donne, Mondo donna e Sos donna, e dal Comune rappresentato in aula anche dalla vicesindaca Emily Clancy, presente all’udienza, è infine toccato alla difesa.
L’avvocato Gabriele Bordoni, sottolineando da subito come “le responsabilità del mio assistito non siano in discussione e sappiamo entrambi benissimo di essere seduti dalla parte del torto”, si è concentrato nello smontare le contestazioni delle aggravanti contestate a Padovani, motivando invece l’opportunità di riconoscere le attenuanti generiche.
"Il legame tra Padovani e Matteuzzi si era concluso il 20 luglio, un mese prima dell’omicidio – chiarisce –. E lo stalking? La loro era una relazione che, se non tossica, possiamo almeno definire peculiare. L’ossessione di Padovani nei confronti della donna non è mai stata mascherata, anzi è la stessa Matteuzzi che rivela come comparisse fin dall’inizio della loro relazione. Eppure, quando lo vede comparire sul terrazzo di casa o si trova la luce staccata, non chiama i carabinieri, ma alla fine lo asseconda sempre. Può darsi che talvolta, compreso il 22 agosto 2022, lo abbia fatto per placarlo: ma neppure il giorno dopo ha denunciato come le si fosse palesato sotto casa dalla Sicilia, come le era stato raccomandato di fare. Agli atteggiamenti di lui, lei dà risposte altalenanti, che la mente ossessiva di Padovani non recepisce”.
Proprio sulla mente di Padovani, sulla sua “mancanza di lucidità”, si sofferma l’avvocato, che insiste sulle valutazioni circa la capacità di intendere e di volere del ventottenne al momento del delitto. I periti della Corte hanno stabilito per la sua piena consapevolezza, ma questo dato non convince la difesa. “Padovani ha ben prima del delitto un atteggiamento ossessivo-compulsivo, delirante – attacca Bordoni –. Cercare 223 volte in due mesi su internet le stesse cose non è sintomo di lucidità, è un comportamento anomalo e irrazionale”.
E cita la contestatissima sentenza della “tempesta emotiva”, con cui la Corte d'appello di Bologna dimezzò la condanna a Michele Castaldo, accusato dell’omicidio della ex Olga Matei, per la “soverchiante tempesta emotiva e passionale” determinata dalla gelosia (sentenza poi ribaltata da Cassazione e appello-bis). “Quel concetto era stato espresso male – così Bordoni –, ma non era del tutto sbagliato. Gli esami del dna di Padovani dicono che è presente in lui una vulnerabilità genetica che lo espone a gravi disturbi della personalità. Di fronte a reazioni stressanti, egli ha reazioni irrefrenabili, come in un tunnel in cui perde ogni capacità di auto-contenersi. E’ come se dentro a questo ragazzo, un piagnucolone in tutto diverso al concetto di prevaricatore patriarcale di cui si parla ultimamente, ci sia una bestia feroce latente, probabilmente dovuta a tali predisposizioni genetiche, che al momento del delitto ha preso il sopravvento”.
L’avvocato ha depositato alla Corte d’assise, presieduta dal giudice Domenico Pasquariello, una registrazione audio – di un acceso confronto tra Alessandra, Stefania e Padovani il 18 giugno 2022 – e un video, quello giratosi dall’imputato il giorno prima del delitto per ‘tutelarsi’ da eventuali accuse di stalking.