FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Omicidio Matteuzzi, i giudici: Padovani ha simulato freddamente la pazzia. Il movente? La vendetta

Le motivazioni della condanna all’ergastolo per l’ex calciatore. Ha perfino chiesto di telefonare al cellulare della donna che ha ucciso. “Idea macabra e irrispettosa”. Il movente: non la gelosia, ma un “irresistibile desiderio di vendetta”

Bologna, 8 marzo 2024 - Giovanni Padovani in aula e durante gli interrogatori si è contraddetto, ha confessato l’omicidio ma cercando di “spostare l’attenzione su altri profili” e descrivendo “un contesto confacente con un suo raptus improvviso”.

Alessandra Matteuzzi: per il suo omicidio Giovanni Padovani è stato condannato all'ergastolo
Alessandra Matteuzzi: per il suo omicidio Giovanni Padovani è stato condannato all'ergastolo

E in generale, durante il processo a suo carico, ha mantenuto un “atteggiamento selettivo tale da ritenere come, da un lato, fosse (e sia tuttora) pienamente in grado di distinguere lucidamente le situazioni capaci di arrecargli un pregiudizio o un vantaggio processuale e, dall'altro, come le sue dichiarazioni non appaiano sempre affidabili”.

Così la Corte d’Assise presieduta dal giudice Domenico Pasquariello motiva la condanna all’ergastolo di Giovanni Padovani, l’ex calciatore e modello di 28 anni accusato dell’omicidio pluriaggravato della ex Alessandra Matteuzzi, 56 anni, il 23 agosto 2022. In oltre cento pagine, il giudice ripercorre il “brutale omicidio”, le testimonianze e i racconti fatti dall’imputato, e le conclusioni della perizia psichiatrica nei suoi confronti. In Padovani, per i giudici, “vi era una piena consapevolezza ed un'indiscutibile lucidità, incompatibili con la tesi di una malattia psichiatrica.

Le risultanze dei test svolti, con punteggi in alcuni casi addirittura eclatanti, hanno indotto i periti a ritenere che l'imputato sia incorso in una "franca esagerazione" o addirittura una "simulazione" dei sintomi psicotici”. Una lucidità tale che “ritrovare oggi nel fascicolo processuale l'istanza con la quale egli chiese a suo tempo l'autorizzazione al Presidente della Corte di telefonare dal carcere all'utenza cellulare della defunta Alessandra, all'evidente fine di accreditare la propria pazzia, induce a ritenere che si trattò di un'idea non solo macabra ed irrispettosa verso la defunta, ma anche irriverente verso la Corte”, chiude quest’ultima, perentoria.

Il movente: la vendetta

E' improprio attribuire l'omicidio" di Alessandra Matteuzzi "a una insana gelosia dell'imputato, la quale, semmai, costituì il movente del delitto di atti persecutori, mentre l'omicidio fu motivato da un irresistibile desiderio di vendetta, uno tra i sentimenti più irragionevoli, eppure imperativi". Così la Corte d'Assise  nelle motivazioni. Non un "'omicidio d'amore' quindi, secondo i giudici, ma piuttosto un "'omicidio d'onore', sia pure in una malintesa accezione di quest'ultimo".