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Omicidio Gualzetti, la mamma dell'amica: "Ha ucciso Chiara poi è venuto da mia figlia"

Delitto di Monteveglio, parla la madre della 15enne: "Era sereno, fingeva di non sapere perché i carabinieri lo stessero cercando"

Giusy Fortunato e Vincenzo Gualzetti con la foto della loro Chiara

Giusy Fortunato e Vincenzo Gualzetti con la foto della loro Chiara

Monteveglio (Bologna), 10 febbraio 2022 - "Suonò alla porta, era tutto vestito di bianco, bello e pulito, con le lenti rosse agli occhi. Era pacato, tranquillo, serenissimo, quasi appagato". Domenica 27 giugno 2021, sono le 12.30 quando nell’abitazione di M., prima periferia di Bologna, si presenta un giovane, 16 anni. "Era il miglior amico di mia figlia quindicenne".

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Il feretro di Chiara Gualzetti esce dalla chiesa di Monteveglio
Il feretro di Chiara Gualzetti esce dalla chiesa di Monteveglio

Sono trascorse un paio d’ore da quando a Monteveglio, ai piedi dell’Abbazia, quel ragazzo ora vestito di bianco candido (Alessio, nome di fantasia, ndr ) ha ucciso a coltellate Chiara Gualzetti, 15 anni. Due ore che gli sono servite per tornare nella sua abitazione di Castello di Serravalle in bici, pulire l’arma, farsi una doccia, sistemare vestiti e scarpe macchiate del sangue della coetanea e iniziare a costruirsi un alibi ’fuggendo’ in pullman a salutare l’amica a Bologna.

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"Rimase in camera con mia figlia per un po’ – riprende M. –, gli dissi che con quelle lenti rosse era brutto e faceva paura. Mi rispose: ’Ma che dici, sono una gran figata ’. Guardarono una puntata di Lucifer poi andarono a farsi due passi". E da quella serie tv, ecco Samael, il demone onnipresente nella testa del killer, la ’voce’ che – dirà agli inquirenti – l’avrebbe guidato nella mattanza. Una ’voce’ che secondo Mario Vittorangeli, consulente della Procura che lo ha dichiarato perfettamente in grado di intendere e volere, però verrebbe "vissuta come una sorta di alter ego più che un’entità onnipotente, dilagante e che toglie ogni soggettività".

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«Mia figlia quella domenica era in punizione – riprende M. – e quando uscirono non le diedi il cellulare così dissi ad Alessio di badarla. Lui rispose che era minorenne e non voleva nessuna responsabilità". Poi l’aggiunta choc: "Stamattina ero con un’amica – preciserà – che poi non è ancora tornata a casa e i suoi genitori mi stanno rompendo le scatole. Ma non ne so nulla". Chiara era già morta e i suoi genitori, Vincenzo Gualzetti e Giusy Fortunato, avevano iniziato a cercarla con il cuore in gola in ogni angolo di Monteveglio, trovando il suo giovane corpo tumefatto solo il pomeriggio del giorno dopo.

Alessio lamentava un dolore al piede, dovuto ai calci inauditi che sferrò contro l’inerme Chiara. "I carabinieri mi stanno cercando, non so perché", dirà sempre quella domenica poco dopo le 16.30 a M. e alla figlia. "Devo tornare a casa". La donna lo accompagnerà alla fermata del pullman prima di salutarlo. "Il giorno dopo – così ancora M. – scrisse un messaggio a mia figlia con il telefono di una parente perché il suo era stato sequestrato dai carabinieri. ’Ti voglio bene – così su whatsapp –, sono senza telefono, se hai bisogno chiama qui’".

Sempre lunedì, secondo il racconto della donna, Alessio tornò a Bologna dall’amica. "E quando se ne andò via disse a mia figlia: ‘Ricordati che ti voglio bene’, come se sapesse di avere le ore contate. Non le parlò mai dell’omicidio ma quando abbiamo realizzato ciò che aveva commesso abbiamo pensato fosse venuto a fare del male anche a mia figlia che da quel giorno è in cura dalla psicologa". Domenica, a due ore dall’orrore, "andò come sempre in balcone a fumare, per il mio compagno sembrava perfino appagato di qualcosa". Il 15 giugno inizierà il processo.