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Omicidio di Chiara Gualzetti, la perizia sul killer: "Deficit di empatia e nessun rimorso"

Il profilo lucido del baby killer condannato a 16 anni e 4 mesi per aver ucciso la quindicenne a coltellate e calci

Bologna, 28 luglio 2022 - Un deficit di empatia e mentalizzazione, egocentrismo e assenza di sensi di colpa o rimorso. Ma nessuna componente psicotica ha caratterizzato l’agire del diciassettenne condannato a sedici anni e quattro mesi per l’omicidio di Chiara Gualzetti. Sono le conclusioni a cui è giunta la dottoressa Luisa Masina, perito incaricato dal tribunale dei minori di redigere una perizia psichiatrica sul ragazzo. La quinta, dopo quelle della Procura e di parte. Che ha concluso, come detto, per la capacità di intendere del giovanissimo killer, concordando con la diagnosi del dottor Mario Vittorangeli, perito della Procura. "Si rilevano senso di sé grandioso, assenza di rimorso, incapacità di accettare le responsabilità", concordano le perizie, parlando anche di una "significativa e selettiva enfatizzazione se non una simulazione di disturbi gravi e invalidanti, in assenza di ricaduta negativa sul piano cognitivo ed emotivo".

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Ossia, della presenza del demone, della capacità di quest’ultimo di condizionare le sue azioni. Il diciassettenne, nel corso degli incontri con i periti, ha ribadito la sua sudditanza a Samael: "Non aveva mai fatto niente di male Chiara per meritarsi una cosa del genere – raccontava il ragazzo –. Mai. Però con la collera, perché la mia collera saliva ogni giorno, perché io ogni giorno provavo a contattarla (la ex fidanzatina, ndr), a ritrovarla, ma non ci riuscivo... Quindi la collera saliva e lui (Samael, ndr) ne approfittava", raccontava.

E questa rabbia, che compare più volte nei discorsi del diciassettenne, è la parola chiave per gli esperti, che hanno ricostruito con il ragazzo gli ultimi giorni di vita di Chiara. Partendo da quel messaggio, "se vuoi ti uccido io", scritto dal ragazzo alla vittima la sera prima del delitto.

"Io non l’ho mai scritto – ha ribadito però lui –. C’è, so che c’è, so bene che c’è. Ma non ero io". Spiegando anche il perché di questo buco nella memoria. E, ancora una volta, dandone responsabilità al demone: "Perché quando ha lui la possessione mi ricordo poco o niente", ha spiegato.

Una presenza tanto pesante che, anni prima del delitto, lo aveva spinto a confidarsi con la madre, che, come racconta il ragazzo, aveva suggerito: "Se questa entità è cattiva la dobbiamo far togliere". Ma lui si era opposto: "E io dicevo no, no dai... vediamo se succede qualcosa".

Un argomento, quello dell’esorcismo, tornato anche nel primo periodo di detenzione al Pratello: "Anche quando facevamo il colloquio qua all’inizio ne parlavamo. ‘Un giorno quando uscirai di qua subito dall’esorcista ti porto’". Oltre che con la madre, ascoltata anche lei dai periti, il diciassettenne aveva parlato anche con Chiara di Samael: "Io mi ricordo questa scena dove io glielo dissi che lui già voleva ucciderla. Glielo dissi. ‘Forse è meglio che non ci vediamo più almeno quando c’è questo demone e ti vuole uccidere. E lei non gliene... E lei: ‘Eh va beh. Se deve succedere dovrà succedere’ e io ho detto non puoi dire così porca t...a. Se mi devi dire una cosa del genere io non ti voglio più vedere. Una volta che io me ne vado a Bologna non voglio più sapere niente di te, ti saluto. Lei no!".

Ribadendo, ancora una volta, il fatto che la ragazzina sapesse, in qualche modo tornando a darle una responsabilità sull’atroce fine che le aveva destinato. Una responsabilità mai accettata come propria, sempre addossata ad altri, al demone in primis: "Lui mi fa ‘La uccidiamo domani’... io facevo no. Hai promesso, hai fatto un patto con il demonio, devi per forza farlo. Samael ha detto, ha deciso lui. Che io salivo sulla collina e dicevo voglio tornare indietro, ma le gambe continuavano ad andare avanti", descrivendo il momento dell’omicidio come una partita a braccio di ferro col demone: "lo tenevo il braccio, lo tenevo... che tentavo di resistere a non farla accoltellare, ma... sai quando fai tipo braccio di ferro, no? Sei in tensione con l’altro, chi butta giù per primo, no? E allora lì la sensazione era tipo quella". E poi il ‘demone’ ha vinto.