Bologna, 18 aprile 2020 - "Ma come c...o è che non muori nemmeno col veleno?". Urlava così Alessandro Leon Asoli, mentre tentava di strangolare e prendeva a pugni la madre, M. M., di 56 anni, che aveva appena avvelenato, mentre il suo patrigno, Loreno Grimandi, coetaneo della donna, rantolava in salotto, per gli effetti letali del nitrito di sodio ingerito. Lo ha raccontato la donna, sentita in ospedale dai carabinieri della compagnia di Borgo Panigale, ricostruendo i momenti deliranti di quella sera nell’appartamento di via della Costituzione a Ceretolo di Casalecchio.
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La ricostruzione
"Appena cenato – ha spiegato la cinquantaseienne ai militari – Loreno ci ha detto: ‘non mi sento bene, mi stendo un attimo sul divano’. Io avevo assaggiato due forchettate di pasta, lasciando il resto perché troppo salata". A quel punto, stando al racconto fatto dalla donna, il figlio avrebbe inscenato una crisi di nervi, urlando: "Ecco, io non sono capace neppure di preparare la cena, hai ragione a dirmi che sono un fallito". E poi le avrebbe chiesto, per aiutarlo a calmarsi, di andare insieme in camera a sentire un po’ di musica. Aveva acceso lo stereo ad alto volume, in modo tale da impedire - è sempre la ricostruzione della donna - che lei riuscisse a sentire i lamenti di dolore di Loreno, che intanto moriva per gli effetti del veleno in soggiorno. "Mi abbracciava, mi diceva resta qui – ha spiegato ancora M. M. –, mi sembrava strano da lui questo atteggiamento così tanto affettuoso. E quando gli ho detto che sarei andata a vedere come stava Loreno di là, allora è scattato. Mi è saltato al collo, tentando di soffocarmi, urlando ‘neanche il veleno ti ammazza!’".
I soccorsi
Le urla avevano intanto richiamato l’attenzione dei vicini, che sono corsi alla porta, per soccorrere la donna. A quel punto il diciannovenne, dopo aver chiuso in un sacco della spazzatura piatti e pasta avanzati, che ha portato al piano di sopra, è fuggito via, correndo a piedi a casa della nonna, a Borgo Panigale. Qui è stato trovato dai carabinieri, che lo stavano cercando a casa dei parenti più prossimi: del padre, che vive a Sasso Marconi; e dei nonni, appunto.
La frase choc
"Il nitrito l’ho comprato io. Sono uno squilibrato, voglio togliermi la vita – ha detto Alessandro ai militari –. Ma la pasta non l’ho avvelenata io: è stata mia madre a mettere il nitrito nella cena". Una versione poco plausibile per i carabinieri, coordinati nelle indagini dalla pm Rossella Poggioli. In primo luogo, perché l’unico piatto a non contenere veleno era proprio quello del diciannovenne. Che ieri ha risposto alle domande del gip Gianluca Petragnani Gelosi, nel corso dell’udienza di convalida del fermo, per omicidio e tentato omicidio. L’arresto è stato convalidato e per il ragazzo è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Asoli, difeso dall’avvocato Fulvio Toschi, è arrivato alla Dozza venerdì mattina alle 8, dopo una notte passata in caserma, a rispondere alle domande del magistrato e dei carabinieri. Come prevede il protocollo in questo particolare momento, è stato messo in una cella nel reparto di Infermeria in quarantena Covid. Considerato che appena un mese fa il ragazzo aveva tentato il suicidio, cercando di andarsi a schiantare con l’auto, gli è stato attribuito un codice ‘C’, ossia di elevato rischio suicidiario e adesso è guardato a vista dalla polizia penitenziaria.
Le indagini
Quello che ancora resta da capire, di questa tristissima storia famigliare, dovrà essere chiarito nel corso delle indagini. La Procura e la difesa disporranno perizie i psichiatriche su Alessandro, già seguito da uno psichiatra prima della tragedia di giovedì sera. Quello che è già emerso, dalle parole confuse del ragazzo, in questi due giorni, è un profondo conflitto con la madre, con cui spesso discuteva. Il patrigno, in questo contesto famigliare a volte difficile, avrebbe invece sempre avuto il ruolo di ‘paciere’, cercando di mitigare liti e rancori tra madre e figlio. Ma al di là di questo malessere, con lui, e con le persone esterne al nucleo famigliare, Alessandro era sempre stato e apparso un ragazzo mite e gentile. Impossibile immaginare che covasse dentro qualcosa di così terribile da spingerlo a pianificare un omicidio.
E proprio per la complessità del quadro psichiatrico del ragazzo ancora non è stata contestata la premeditazione. Quello che al momento è agli atti è che qualche giorno fa il diciannovenne avrebbe acquistato online la confezione di nitrito di sodio, ritrovata dai carabinieri giovedì sera tra le cose del ragazzo nella sua stanza. La sostanza, utilizzata in piccolissime dosi per la conservazione delle carni, è un caustico che in quantità più elevate brucia e corrode il tratto gastroenterico.
Nella camera, assieme a diversi medicinali, c’erano anche i bulbi di una pianta esotica tossica, la ‘Gloriosa superba’. Ora, in attesa che la Procura disponga l’autopsia e l’esame tossicologico sul corpo di Grimandi, per capire se sia stata la pasta al salmone ad avvelenarlo o altro, i militari del Nucleo investigativo, assieme alla Scientifica dell’Arma, dovranno analizzare i resti di pasta e il contenuto di un bicchiere trovato in cucina, per completare il quadro su come sia avvenuta la preparazione di questa tragica cena con delitto.