NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Omicidio sull’autostrada A13, il dolore degli amici di Ilir Dervishi: "Pensava a figli e lavoro"

Oggi l’indagato, Miri Gurra, comparirà davanti al gip Romito per la convalida. Domani il conferimento dell’autopsia, per chiarire i contorni del delitto

Da sinistra: Miri Gurra, 34 anni e Ilir Dervishi, 47 anni

Da sinistra: Miri Gurra, 34 anni e Ilir Dervishi, 47 anni

Bologna, 20 settembre 2023 – Se oggi deciderà di parlare con il giudice Salvatore Romito, Miri Gurra potrà chiarire cosa è successo, domenica mattina, nell’abitacolo della Renault Capture prima dello schianto in A13. Il trentaquattrenne albanese, detenuto alla Dozza nel reparto di Infermeria, difeso dall’avvocato Simone Bilotta, è accusato dell’omicidio dell’amico Ilir Dervishi, 47 anni, colpito con più fendenti, inferti probabilmente con un cacciavite, all’addome. Per domani la pm Michela Guidi ha disposto il conferimento dell’incarico per l’autopsia su Dervishi, per definire esattamente le cause della morte. Il punto è capire se siano stati esclusivamente i colpi inferti a causare il decesso o se abbia contribuito anche l’incidente.

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Dervishi viveva da vent’anni a Eraclea, in provincia di Venezia, con la moglie Silvana e i due figli, di 16 e 9 anni. Discreto, riservato, dopo un passato sporcato da piccoli precedenti, da anni aveva dedicato la sua vita alla famiglia e al lavoro. Era stato impiegato come muratore e manutentore; era un capace elettricista e nell’ultimo periodo aveva lavorato anche per una ditta di trasporti. Lo stesso mestiere di Gurra, che trasporta le bevande destinate ai distributori automatici e che nell’ultimo periodo si era trasferito a vivere anche lui temporaneamente nel comune del Veneziano, in attesa di terminare i lavori di restauro della sua casa a Castelfiorentino, dove abita con la moglie e i figli.

Domenica i due erano probabilmente diretti in Toscana quando Miri ha aggredito Ilir, colpendolo, stando a quanto ipotizzano gli inquirenti, al culmine di una discussione. Scatenata da cosa, ancora non è chiaro. E proprio nelle fasi concitate dell’aggressione l’indagato avrebbe perso il controllo dell’auto, finendo per tamponare la macchina che li precedeva e uscendo di strada. All’arrivo dei primi soccorritori in A13, le ferite del quarantasettenne sono apparse subito anomale. Non compatibili con i traumi dovuti all’incidente. Ma Miri, che guidava ed è rimasto illeso, non ha aperto più bocca. Né con i poliziotti di Polstrada e Squadra mobile, né con la pm Guidi. "Dopo l’arresto il mio assistito era molto agitato e provato – ha detto l’avvocato Bilotta – e non ha risposto alle domande del pm. Al momento non posso dire nient’altro, aspettiamo anche l’autopsia".

Nel paese veneto, intanto, c’è sgomento: Dervishi era molto conosciuto tra i membri della nutrita comunità albanese e nell’ambiente dell’edilizia, dove aveva a lungo lavorato.

"Lo vedevano uscire e rientrare dopo il lavoro", raccontano i vicini stupiti e affranti. "Una persona normale, un padre di famiglia, siamo davvero impressionati da quello che è accaduto a Bologna", dicono. Nella casa di via Boccaccio, che l’uomo aveva costruito con fatica pezzo per pezzo, è un via vai di amici distrutti. Avrebbero voluto porgere le condoglianze alla moglie, ma la donna ieri era ancora a Bologna, per il riconoscimento della salma e per essere ascoltata dalla polizia. E ora, in via Boccaccio, c’è solo silenzio: "Ilir era una persona a posto – si limitano a dire gli amici –: da tempo pensava solo al lavoro e la famiglia. Adesso chiediamo rispetto per la sua tragica morte".