
Omicidio di Minerbio, settembre 2019: nella foto il piazzale del delitto, la vittima Rachid Nfir e l'imputato Rocco Giulio Capria
Bologna, 26 marzo 2025 – «Ho sterzato, mi sono girato, ho visto una sagoma con il martello in mano, giusto il tempo di rendermene conto per poi frenare. Ma come facevo a frenare se non l’avevo visto?» L’imputato Rocco Giulio Capria, 57 anni, origini calabresi, accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi, risponde così alle domande del pm Mariangela Farneti nel processo per l’omicidio di Rachid Nfir, camionista di 47 anni. Nfir fu investito nel piazzale dello zuccherificio di Minerbio dal tir condotto dal collega Capria, il 26 settembre 2019. Secondo l’accusa, dietro il gesto ci sarebbero stati rancori e liti tra i due autotrasportatori.
E oggi, nell’udienza davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari, è stata esaurita l’istruttoria, poi c’è stata la discussione. La pm ha chiesto 18 anni, mentre la difesa ha chiesto la riqualificazione in omicidio stradale. «Ho preso la patente C quando avevo 18 anni, guidavo il camion dei gelati – spiega l’imputato, assistito dall’avvocato Manuela Amore, durante l’esame –. Quel giorno, nel punto del piazzale dove stavo io, non c’era nessuno. C’erano sì dei pedoni nell’area, ma nessuno vicino a cui avrei potuto causare incidenti». Alla domanda del pm se conoscesse da prima la vittima, lui nega: «Mai avuto niente a che fare con quei due marocchini (Nfir e un altro, ndr), ho scoperto il suo nome solo dopo, dai verbali».
Il 9 aprile, dopo le repliche, è prevista la sentenza, a quasi sei anni dall’omicidio.
I fatti
Subito dopo i fatti, nel lontano 2019, i carabinieri, ricostruendo quanto accaduto, scoprirono che entrambi i camionisti lavoravano per ditte che trasportano barbabietole dalla Calabria, regione in cui risiedeva anche la vittima assieme alla moglie e ai tre figli. Stando a quanto appreso dagli investigatori, Nfir stava arrivando nel piazzale dello zuccherificio per scaricare il camion, mentre Capria aveva appena concluso le operazioni di scarico, e dopo essere sceso dal mezzo fu travolto e ucciso dal camion del collega. All’origine del delitto ci sarebbe stata una lite per una mancata precedenza qualche giorno prima, tra l’imputato e un amico e connazionale di Nfir, che si trovava sul camion con lui. Capria ha sempre respinto le accuse, sostenendo che investì Nfir accidentalmente, dopo che quest’ultimo gli era sbucato davanti all’improvviso. Subito dopo il fatto, Capria, che attualmente non è sottoposto a misure cautelari, finì in carcere, ma in seguito il Tribunale della Libertà dispose per lui i domiciliari, riqualificando l’accusa in omicidio stradale.
La Procura, però, ha deciso di procedere ugualmente contro di lui per omicidio volontario, portando il caso davanti alla Corte d’Assise. Nel procedimento non ci sono parti civili: i familiari della vittima hanno revocato la loro costituzione dopo essere stati risarciti dall’assicurazione.