
Montechiaro compie quarant’anni e il Comune di Sasso rende omaggio ad Aldina Balboni. La pandemia ha messo la sordina ad un anniversario importante per Sasso, ma anche per Bologna, dove tra fede e impegno sociale è nata Casa Santa Chiara, associazione e cooperativa sociale voluta da Aldina Balboni, ispiratrice di un modello di accoglienza ed integrazione delle persone con disabilità. Lei, la fondatrice, è morta sei anni fa, ma l’opera continua, con il carattere nato spontanemente: "Aldina in questo e in tutti gli altri centri, ha semplicemente ascoltato le persone che avevano più bisogno e si è occupata di loro, cercando di dare risposta alle necessità che le portavano", dice don Fiorenzo Facchini, assistente spiriturale di questa comunità.
Nasce così il primo dei centri diurni, quello che quarant’anni fa si aprì negli spazi della chiesa e della canonica abbandonate di Montechiaro, sulla collina di Sasso. Un complesso che era mezzo diroccato, senza luce, senza acqua, senza riscaldamento, concesso in uso dalla Chiesa di Bologna ad Aldina e don Fiorenzo, e riportato lentamente ad una vita intensa, al contatto con la natura, con centinaia di bambini che ne hanno frequentato la fattoria didattica, dove educatori e ragazzi si sono presi cura di conigli, capre e galline. Secondo un modello di integrazione, di lavoro, e di apertura al territorio che ha fatto scuola anche per gli altri centri diurni nati con la stessa ispirazione negli anni successivi a Colunga e Calcara. Agli esordi c’erano Paolo Santi e Paolo Grossi, ma la famiglia che ha rappresentato la continuità di questa esperienza è quella di Liviana e Daniele che proprio 40 anni fa si sposarono e subito dopo presero casa a Montechiaro: "Aldina, avendo sempre a cuore il modello della famiglia come punto di riferimento di tutte le attività di Casa Santa Chiara ci chiese di andare ad abitare al piano superiore della canonica. In quei mesi nasceva il centro diurno per accogliere alcuni ragazzi esclusi dai centri di avviamento al lavoro, senza prospettiva di vita, con grande preoccupazione dei loro genitori". Negli anni tutto il complesso è stato recuperato, decine di ospiti hanno svolto attività di apicoltura, lavorazione e distribuzione di legna da ardere, orticoltura, allevamento, laboratori di candele e produzione di salamoia, fino all’arte terapia avviata da ragazze del servizio volontario europeo.
Un lavoro conosciuto ed apprezzato dal Comune di Sasso che nelle prossime settimane dedicherà ad Aldina Balboni un giardino ad alta accessibilità in fase di realizzazione.
Gabriele Mignardi